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Per Sempre e Oltre
Sophie Love


La Locanda di Sunset Harbor #5
La capacità di Sophie Love di trasmettere magia ai lettori risiede nelle sue squisite espressioni e descrizioni… È il romanzo rosa, magari da leggere sotto l’ombrellone, perfetto, ma con una marcia in più: l’entusiasmo e le bellissime descrizioni, unite a un’inaspettata attenzione per una complessità non solo sentimentale, ma anche psicologica. Lo consiglio vivamente agli amanti dei romanzi rosa che nelle loro letture ricercano un tocco di maggiore complessità. Midwest Book Review (Diane Donovan su Ora e per sempre) PER SEMPRE E OLTRE è il libro #5 della serie rosa best-seller intitolata La locanda di Sunset Harbor, che inizia con il libro #1, Ora e per sempre – scaricabile gratis! La trentacinquenne Emily Mitchell ha lasciato il lavoro, l’appartamento e l’ex ragazzo a New York City per recarsi nella storica casa abbandonata del padre situata sulla costa del Maine, in cerca di un cambiamento e determinata a trasformare la dimora in un Bed and Breakfast. Non si aspettava però che la relazione con Daniel, il custode, le stravolgesse completamente la vita. In PER SEMPRE E OLTRE Emily è sconvolta dopo aver rivisto il padre, scomparso da vent’anni, appena una settimana prima di sposarsi. Il loro incontro cambia le vite di entrambi, e apre le porte dei molti segreti contenuti nella casa – e dei ricordi sommersi di Emily. A Sunset Harbor finalmente è arrivata la primavera, e a solo una settimana dal matrimonio le preparazioni sono più intense che mai, compreso il suggerimento a sorpresa di Daniel per la luna di miele. Emily e Daniel riusciranno ad avere il matrimonio dei loro sogni? O qualcosa cercherà di impedirlo?Nel frattempo la battaglia legale per la custodia di Chantelle si fa dura, e a mano a mano che il Memorial Day incombe devono decidere cosa fare della casa di Trevor. E come se non bastasse, c’è un altro pensiero che occupa la mente di Emily: lei rimarrà mai incinta?PER SEMPRE E OLTRE è il libro #5 di un’affascinante nuova serie rosa che ti farà ridere e piangere, costringendoti a girare pagina dopo pagina fino a notte fonda – e che ti farà innamorare di nuovo del genere rosa. Il libro #6 sarà presto disponibile. Un romanzo scritto molto bene, che tratta delle avversità vissute da una donna (Emily) durante la ricerca della sua vera identità. L’autrice ha fatto un ottimo lavoro con la creazione dei personaggi e le descrizioni dell’ambiente. Lì è costruito il romanzo – ma senza esagerazioni. Complimenti all’autrice per il fantastico primo libro di una serie che promette davvero molto bene. Books and Movies Reviews, Roberto Mattos (su Ora e per sempre)







P E R S E M P R E E O L T R E



(LA LOCANDA DI SUNSET HARBOR — LIBRO 5)



S O P H I E L O V E


Sophie Love



Sophie Love, autrice di best-seller, è la scrittrice della divertente serie rosa LA LOCANDA DI SUNSET HARBOR, che include sei libri (più altri in arrivo) e che inizia con ORA E PER SEMPRE (LA LOCANDA DI SUSNET HARBOR – LIBRO 1).

Sophie Love è autrice anche di una nuova divertente serie rosa, CRONACHE D’AMORE, che iniziano con AMORE COSÌ (CRONACHE D’AMORE – LIBRO 1).

Visita il sito www.sophieloveauthor.com (http://www.sophieloveauthor.com) per scrivere a Sophie, entrare a far parte della mailing list, ricevere e-book gratis ed essere sempre al corrente delle ultime novitГ !



Copyright © 2017 di Sophie Love. Tutti i diritti riservati. Salvo per quanto permesso dalla legge degli Stati Uniti U.S. Copyright Act del 1976, è vietato riprodurre, distribuire, diffondere e archiviare in qualsiasi database o sistema di reperimento dati questa pubblicazione in alcuna forma o con qualsiasi mezzo, senza il permesso dell’autore. Questo e-book è disponibile solo per fruizione personale. Questo e-book non può essere rivenduto né donato ad altri. Se vuole condividerlo con altre persone, è pregato di aggiungerne un’ulteriore copia per ogni beneficiario. Se sta leggendo questo e-book senza aver provveduto all’acquisto, o se l’acquisto non è stato effettuato per suo uso personale, è pregato di restituirlo e acquistare la sua copia. La ringraziamo del rispetto che dimostra nei confronti del duro lavoro dell’autore. Questa storia è opera di finzione. Nomi, personaggi, aziende, organizzazioni, luoghi, eventi e incidenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono utilizzati in modo romanzesco. Ogni riferimento a persone reali, in vita o meno, è una coincidenza. Immagine di copertina Copyright Phase4Studios, utilizzata con il permesso di Shutterstock.com.


I LIBRI DI SOPHIE LOVE



LA LOCANDA DI SUNSET HARBOR

ORA E PER SEMPRE (Libro #1)

SEMPRE E PER SEMPRE (Libro #2)

SEMPRE CON TE (Libro #3)

SE SOLO PER SEMPRE (Libro #4)

PER SEMPRE E OLTRE (Libro #5)

PER SEMPRE, PIГ™ UNO (Libro #6)



CRONACHE D’AMORE

AMORE COSГЊ (Libro #1)

AMORE COLГЂ (Libro #2)


INDICE



CAPITOLO UNO (#u2afb067e-9dab-5408-ac6d-0e43798182dd)

CAPITOLO DUE (#u26e8c839-2dcd-5391-b784-ae0f82148023)

CAPITOLO TRE (#u697e8b4d-804d-5484-9538-6761204e1c13)

CAPITOLO QUATTRO (#u48fc5a46-fcf5-5c9a-b699-b7da0d423bdb)

CAPITOLO CINQUE (#u20661361-2c2a-5c3e-8e7b-84081d2101a3)

CAPITOLO SEI (#uafb21762-39bd-5c4d-8d71-e4024fa3e2ea)

CAPITOLO SETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO OTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO NOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DIECI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO UNDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DODICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TREDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUATTORDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUINDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO SEDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIASSETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIANNOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTUNO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIDUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTITRÉ (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIQUATTRO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTICINQUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISEI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISETTE (#litres_trial_promo)

EPILOGO (#litres_trial_promo)




CAPITOLO UNO


“Papà?” ripeté Emily.

Fissò l’uomo che si trovava sul suo portico, un uomo che ormai riconosceva appena. I capelli grigi, quando un tempo erano stati neri. L’ombra di una barbetta sul mento. Grinze e rughe che gli segnavano il viso. Ma non poteva sbagliarsi. Era suo padre.

Perse le parole. Non riusciva a respirare.

Le pieghe agli angoli degli occhi di Roy si fecero più profonde quando sorrise. “Emily Jane,” rispose.

Fu allora che Emily seppe che era vero. Che lui era vero. Che era suo padre.

Salì i gradini più velocemente che poteva e si buttò tra le sue braccia. Si era immaginata quel momento così tante volte, chiedendosi come si sarebbe comportata se lui fosse mai tornato da lei. Nelle sue fantasie manteneva il controllo di sé, faceva la distaccata, si dimostrava superiore e non gli faceva percepire il dolore che le aveva causato la sua scomparsa, né il profondo sollievo che provava nel sapere che stava bene. Ma ovviamente la realtà era completamente diversa. Invece di dimostrarsi fredda gli avvolse le braccia attorno al collo e lo strinse come fosse stata ancora una bambina.

Lui era caldo, solido. Lo sentiva respirare forte – ogni espansione dei polmoni tradiva le sue emozioni. Emily si mise a piangere quasi subito. In risposta, sentì le lacrime di lui bagnarle le guance e il collo.

“Sei tornato,” riuscì a dire, con la voce rotta, giovane e vulnerabile come si sentiva lei.

“Sono tornato,” rispose Roy tra profondi singhiozzi. “Mi…”

Ma si bloccò. Emily istintivamente capì che la sola parola che poteva concludere la frase era “dispiace”, ma che suo padre non era ancora pronto a gestire il torrente di emozioni che un’affermazione del genere avrebbe scatenato. Non era pronta neanche lei. Ancora non se la sentiva di affrontare tanto dolore. Voleva solo vivere quel momento. Goderselo.

Perse la cognizione del tempo mentre si abbracciavano, ma sentì un improvviso cambiamento nel modo in cui suo padre la stringeva; i suoi muscoli si tesero come se d’un tratto si sentisse a disagio. Lei si scostò e si guardò alle spalle per vedere dove Roy teneva gli occhi puntati: su Chantelle.

Era sulla porta aperta della locanda, con aria disorientata come se stesse cercando di comprendere la strana scena che aveva davanti. Emily riusciva a leggere bene tutte le domande che aveva negli occhi. Chi è quest’uomo? Perché Emily piange? Perché lui è qui? Che succede?

“Chantelle, tesoro,” disse Emily allungando un braccio. “Vieni qui.”

Emily vide nell’esitazione di Chantelle una timidezza insolita.

“Non c’è niente di cui aver paura,” aggiunse.

Chantelle fece qualche passo verso Emily. “Perché mi guarda così?” disse in un sospiro che Roy sentì perfettamente.

Emily guardГІ il padre. Aveva gli occhi umidi colmi di confusione. Si asciugГІ le ciglia.

“Hai una figlia?” balbettò alla fine, con voce grossa di emozione.

“Sì,” disse Emily andando da Chantelle e tirandosela sul fianco, in un mezzo abbraccio. “Be’, è figlia di Daniel. Ma la cresco come farebbe una madre.”

Chantelle si aggrappò a Emily. “Mi porta via?” le chiese.

“Oh, no, no, tesoro!” esclamò Emily. “Lui è mio padre. Tuo nonno.” Allora voltò lo sguardo per incontrare gli occhi di suo padre. “Nonno Roy?” suggerì.

Lui annuì immediatamente. Sembrava rapito dalla bambina – gli occhi celesti brillavano di curiosità.

“Le somiglia tantissimo,” disse.

Emily capì immediatamente quel che voleva dire. Che Chantelle somigliava a Charlotte. Per forza aveva pensato che fosse figlia di Emily; talvolta anche lei faticava a credere che non fossero le caratteristiche genetiche di Charlotte quelle che si potevano leggere su Chantelle.

“Lo vedo anch’io,” confessò.

“Assomiglio a chi?” chiese Chantelle.

Emily pensГІ che la risposta fosse troppo per la bambina. Voleva chiudere subito la questione. Anche se si sentiva un agnellino indifeso sapeva che doveva farsi avanti e prendere il comando.

“A qualcuno che molto tempo fa conoscevamo, tutto qui,” disse. “Vieni; nonno Roy deve conoscere papà.”

D’un tratto Chantelle si illuminò. “Lo chiamo io.” Disse raggiante tornando dentro saltellando.

Emily sospirò. Capiva perché suo padre fosse così scioccato da Chantelle, ma qualcuno che la fissasse così – come fosse un fantasma – era l’ultima cosa di cui aveva bisogno la bambina.

“Sicura che non sia tua figlia biologica?” chiese Roy nell’istante in cui Chantelle fu sparita.

Emily fece di no con la testa. “Lo so, è folle. È anche sensibile come lei. E gentile. Divertente. Creativa. Non vedo l’ora che tu la conosca.” Allora le si bloccò la voce, dall’improvviso timore che Roy non sarebbe rimasto, che fosse solo una visita rapidissima. Forse lei non doveva neanche sapere che lui sarebbe venuto. Forse aveva pianificato di evitarla del tutto, di entrare e uscire prima che lei avesse modo di accorgersi che era tornato, come con i suoi viaggetti segreti sulla vecchia auto di cui Trevor era stato testimone dalla finestra. Si massaggiò dietro l’orecchio a disagio. “Cioè, se hai tempo.”

“Ho tempo.” annuì Roy, e gli apparve un piccolo sorriso sulle labbra.

Proprio allora tornГІ Chantelle, trascinandosi dietro Daniel. Lui si fermГІ sulla soglia e osservГІ Roy.

“Nonno Roy?” disse sollevando le sopracciglia, evidentemente ripetendo il nome che Chantelle gli aveva innocentemente detto.

Emily vide lo sguardo che si scambiarono e si ricordò di quanto Daniel le aveva detto su quell’estate in cui era un ragazzino e aveva bisogno di un amico, e di come Roy fosse stato lì per lui, lo avesse aiutato a tornare sui binari. In quel momento Emily comprese che il ritorno di Roy a Sunset Harbor aveva per Daniel quasi lo stesso significato che aveva per lei.

Roy porse a Daniel la mano. Ma, con sorpresa di Emily, Daniel la prese per poi stringerlo in un caldo abbraccio. Emily provò una strana fitta al petto, un’emozione particolare che stava tra la gioia e il dolore.

“Credo che Daniel tu lo conosca già,” disse Emily, ancora con voce rotta.

“Sì,” rispose Roy mentre Daniel lo lasciava, prendendolo invece per le spalle. Sembrava sopraffatto dall’emozione, sul sottile confine tra le lacrime di gioia e la risata di sollievo.

“Ci sposiamo,” aggiunse Emily, in modo un po’ sciocco.

“Lo so,” disse Roy con un sorriso che andava da un orecchio all’altro. “Ho letto l’email che mi hai mandato. Sono contentissimo.”

“Entri?” chiese Daniel a Roy, piano.

“Se posso,” rispose Roy, come temendo di poter non essere riaccettato nella vita di Emily.

“Ma certo!” esclamò Emily. Gli strinse forte la mano nel tentativo di comunicargli che andava tutto bene, che lì era voluto, accettato, che il suo ritorno per lei era un’occasione gioiosa.

Il viso di Roy assunse le linee del sollievo. Si rilassГІ visibilmente, come se un ostacolo che aveva avuto paura di affrontare fosse stato superato.

Oltrepassando la soglia, Emily improvvisamente capì che la casa che suo padre aveva abbandonato più di vent’anni prima non somigliava per niente a quella di un tempo. Era subentrata lei, l’aveva cambiata completamente, l’aveva trasformata da una casa di famiglia a una locanda. Si sarebbe arrabbiato?

“Abbiamo fatto qualche cambiamento,” disse rapidamente.

“Emily Jane,” rispose suo padre con voce gentile e ferma, “Lo so che vivi qui. Che adesso è una locanda. Va bene. Sono contento per te.”

Emily annuì, ma si sentiva ancora ansiosa all’idea di farlo entrare. Chantelle aprì la fila, e uno alla volta entrarono nell’atrio della reception, Roy ultimo della coda, con passo più lento e rigido di quanto Emily ricordasse.

Si fermò nell’atrio e si guardò intorno a bocca aperta dalla sorpresa e dalla meraviglia. Quando vide la scrivania della reception sgranò gli occhi.

“È…?”

“La stessa che hai venduto a Rico?” disse Emily. “Sì.”

La locanda in origine era una pensione, prima che i proprietari la abbandonassero. La storia di Roy nella casa rispecchiava quella di Emily al contrario. Lui aveva voluto che diventasse una casa per una famiglia, un rifugio per le vacanze estive. Emily l’aveva ritrasformata in una pensione, in un’attività.

“Non ci credo che l’abbia tenuta per tutti questi anni,” disse sorpreso, continuando a fissare la scrivania. Poi portò lo sguardo su Emily. “Ti ricordi il giorno in cui gliel’ho venduta?”

Emily scosse la testa silenziosamente.

“Non volevi proprio che la vendessi,” disse con una risatina. “Avevi messo una Barbie in ogni cassetto. Avevi detto che era l’ospedale delle bambole.”

“Credo di ricordarmelo, in effetti,” rispose Emily con un po’ di malinconia.

“Rico è stato gentilissimo,” aggiunse Roy. “Ti ha aiutata a �trasferire’ le tue �pazienti’ in un altro posto. Credo che tu abbia scelto la credenza sotto al lavandino.” Si fece anche lui un po’ pensieroso, e distolse l’attenzione dalla reception per tornare al rinnovo dei locali. “È davvero incredibile. Hai fatto un lavoro fantastico.”

L’orgoglio che gli sentiva nella voce le diede una scossa al cuore. Quel momento era molto più di quanto si aspettasse. Era perfetto.

“Vuoi fare un giro?” chiese.

Roy annuì. Emily lo condusse prima in cucina. Lì sentirono abbaiare i cani dalla lavanderia.

“Non so di che cosa occuparmi prima,” esclamò Roy osservando la cucina rimessa completamente a nuovo, con gli elettrodomestici e le decorazioni retrò. “Della meravigliosa ristrutturazione o del fatto che hai dei cani!”

“Lei è Mogsy e lui è Rain, il suo cucciolo!” annunciò Chantelle aprendo la porta della lavanderia per permettere ai due di correre in cucina.

Si precipitarono da Roy, annusandolo e cercando di leccargli le guance. Roy rise – le sottili rughe che aveva sul viso si fecero più pronunciate – e li grattò entrambi dietro alle orecchie.

“Di solito non lasciamo che corrano per la cucina,” spiegò Emily. “Ma dato che è un’occasione speciale…”

Le si spezzò la voce quando tornò la fitta di malinconia che aveva provato prima. Essere lì con suo padre non avrebbe dovuto essere “speciale”; era così perché lui se n’era andato.

Dalla sua posizione accovacciata lui alzГІ lo sguardo su di lei, con espressione colma di rimorso.

Tutto in una volta Emily provГІ una forte rabbia. Una parte di lei seppellita in profonditГ  stava cominciando a risalire.

“Andiamo in sala da pranzo,” disse, di fretta, volendo evitare che emergesse.

Andarono nella stanza col grande tavolo di quercia. Roy notò subito che il pesante drappo che un tempo era appeso sulla porta della sala da ballo non c’era più.

“Hai trovato la sala da ballo,” disse.

Il commento irritò Emily ulteriormente. Non stavano mica giocando a nascondino. Sentì il calore salirle alle guance.

“L’ho trovata. L’ho ristrutturata. Presto mi ci sposerò,” disse mentre percorrevano il corridoio dal basso soffitto e uscivano nell’immensa sala.

Sentì la stizza trasparirle dalla voce e fece un respiro profondo per calmarsi.

“Be’, è bellissima,” disse Roy, ignaro della crescente rabbia della figlia o ancora restio ad affrontarla. “Mi sorprende che le vetrate colorate siano in condizioni così buone dopo tutto questo tempo.”

“Le ha restaurate George, l’amico di Daniel,” spiegò Emily.

“George?” disse Roy sollevando le sopracciglia. “Mi ricordo quando era alto così.” Si portò la mano all’altezza della vita.

Emily si accorse che Sunset Harbor era una città più di suo padre che sua, che conosceva la gente del posto meglio di lei, che negli anni in cui aveva vissuto lì aveva piantato più radici di quante potesse mai sperare di piantarne lei. Una gelosia tutta nuova si fece strada strisciando nel complesso misto di sentimenti che stava già cercando di tenere a debita distanza. Fece del suo meglio per mantenere in viso un’espressione neutra.

Dopo salirono al piano superiore, ed Emily mostrГІ a Roy la camera padronale, la stanza che una volta era sua e di Patricia e poi, presumibilmente, sua e di Antonia, quando la donna veniva a fargli visita, prima di diventare alla fine sua e di Daniel.

“Questa è fantastica,” esclamò Roy. “I colori sono freschissimi.”

A lui piacevano molto di più i colori scuri, quelle tonalità cremisi e blu che lei aveva usato per le camere degli ospiti. Il bianco brillante e il celeste chiaro andavano molto più incontro ai colori di sua madre, ed Emily, guardando camera sua, si accorse per la prima volta che i suoi gusti erano un misto perfetto di quelli di entrambi. Il debole di Roy per le antichità – il letto enorme, il mobile della toeletta, l’ottomana – e la pulizia di Patricia nei colori bianchi. A Emily parve di guardare la sua stanza con occhi nuovi.

“Camera mia è accanto,” disse Chantelle.

Emily fu sollevata dalla distrazione. Condusse Roy fuori dalla stanza fin dentro quella di Chantelle, dove lui ammirò il delizioso mobilio inciso con immagini di animali che Emily aveva comprato alla bambina. Chantelle danzava per la stanza, esibendo con orgoglio lo scaffale con i libri, il guardaroba pieno di vestiti, la pila di adorabili giocattoli, il muro con le sue opere d’arte.

“Chantelle, hai una camera proprio carina,” disse Roy con gentilezza, ricordando a Emily quel dolce modo di fare che aveva con i bambini, la delicatezza con cui le parlava quando era ancora nella sua vita.

Chantelle sorrise di soddisfazione.

“Hai deciso di non metterla nella stanza che condividevate tu e Charlotte?” disse. “La stanza dei giochi con il mezzanino?”

Emily provò una piccola fitta di dolore al petto nel sentirlo fare riferimento alla stanza che aveva da bambina. Lui l’aveva chiusa a chiave dopo la morte di Charlotte, costringendo Emily a cambiare stanza. Quello era stato il primo segnale, capì in quel momento Emily, che suo padre non avrebbe processato la morte di Charlotte, che invece sarebbe stata lo stimolo ad abbandonarla.

“Quella è la suite matrimoniale,” spiegò Daniel prendendo il comando, dato che Emily rimaneva muta. “Il mezzanino attira clienti. E poi volevamo Chantelle vicino.”

L’emozione cominciava a essere troppa per Emily. Non aveva idea che fosse possibile provare così tante cose complesse e in conflitto tra di loro in una volta sola. Improvvisamente le venne in mente che una volta terminato il giro della casa, una volta che si fossero andati a sedere nel soggiorno faccia a faccia, avrebbe scatenato un’esplosione di rabbia contro suo padre.

D’un tratto sentì la mano del padre sul braccio, lì a fermarla, a rassicurarla. Lei guardò nei suoi occhi azzurri, ci vide dentro il dolore e il rimorso, insieme a un totale sollievo. Senza parole le stava dicendo che andava tutto bene, che comprendeva la sua rabbia. Non c’era bisogno che continuasse a nasconderla.

Si trascinarono per il resto del piano, dando un’occhiata a un paio di stanze per gli ospiti in modo che Roy potesse farsi un’idea dell’arredamento. Si fermò un attimo davanti alla porta del suo studio. L’ultima volta che era stato lì aveva vent’anni di meno, i capelli neri invece che grigi, il corpo più magro e più agile invece della leggera pancia che adesso gli appesantiva la vita.

“È rimasto uguale,” disse Emily. “Qui non ho cambiato niente.”

Lui annuì, ma non disse una parola. Emily si chiese se non stesse pensando alle miriadi di documenti che aveva chiuso a chiave nella scrivania, a quelli che adesso lei aveva letto. Alle lettere e ai segreti che lei aveva scoperto. Emily sapeva che non c’era modo di sapere cosa stesse pensando Roy. In quel momento per lei era un mistero – come era sempre stato.

Andarono al secondo piano e Roy si soffermò per un po’ davanti alle scale per il belvedere. Stava pensando alla sera di Capodanno? Emily se lo chiedeva. A quella sera in cui le aveva detto di non aver paura, di aprire gli occhi per guardare i fuochi d’artificio? Oppure si era dimenticato tutte quelle cose, come era successo anche a lei?

Chantelle correva di qua e di là, mostrandogli tutte le stanze degli ospiti vuote. Sembrava entusiasta che lui fosse lì, e orgogliosissima di mostrargli casa sua. Emily avrebbe voluto prenderla alla leggera come chiaramente faceva la bambina, ma aveva così tanto per la testa da sentirsi sull’orlo dell’ansia.

“Sono davvero colpito del lavoro che hai fatto,” disse Roy. “Non dev’essere stato facile far installare tutti i bagni.”

“Non lo è stato infatti,” rispose Emily. “E abbiamo avuto solo ventiquattr’ore di tempo, più o meno. Ma è una lunga storia.”

“Ho il tempo di sentirla.” Roy sorrise.

Emily non sapeva neanche come rispondere. Il tempo non era una cosa che poteva prendere per dovuta, con lui. Non poteva fidarsi dei suoi slanci di sentimentalismo.

“Andiamo nel soggiorno,” disse rigidamente. “Beviamo qualcosa?” Poi, accorgendosi di aver offerto dell’alcol a un alcolista, aggiunse rapidamente, “Magari un caffè.”

A ogni passo che faceva per scendere le scale, Emily sentiva la rabbia farsi ancora piГ№ forte. Odiava quella sensazione. Voleva che il momento della loro riunione fosse pieno di gioia, ma come poteva esserlo per davvero se covava tutto quel risentimento? Suo padre doveva conoscere il dolore che le aveva fatto patire.

Raggiunsero il corridoio del piano di sotto. Daniel andò in cucina per fare il caffè mentre Chantelle mostrava a Roy il soggiorno. Lui trasalì quando vide il lavoro di rinnovo, il modo in cui Emily aveva mischiato stili nuovi con stili vecchi, in cui aveva incorporato l’arte moderna e la vetreria Kandinsky.

“Quello è il mio vecchio pianoforte?” chiese.

Emily annuì. “L’ho fatto sistemare. Il ragazzo che ci ha lavorato, Owen, a volte viene qui a suonarlo. Suonerà al nostro matrimonio, a dire il vero.”

Per la prima volta, Emily provò un senso di trionfo. Dato che non viveva a Sunset Harbor da molto, Owen suo padre non l’aveva conosciuto prima di lei, né lo conosceva da più tempo di lei, né meglio di lei. C’erano persone lì che erano solo di Emily, che non erano macchiate dalla sgradevolezza di quel passato condiviso.

“Owen mi aiuta con il canto,” disse Chantelle.

“Oh, canti?” fece Roy. “Mi fai sentire qualcosa?”

“Magari dopo,” si intromise Emily. “Chantelle mi ha promesso che oggi avrebbe messo in ordine tutti i suoi giocattoli.”

“Non posso farlo dopo?” si lagnò Chantelle.

Chiaramente voleva stare ancora un po’ con nonno Roy, ed Emily non poteva fargliene una colpa. In superficie era un gigante gentile, un tipo alla Babbo Natale. Ma Emily non poteva tenersi stampato in viso un sorriso finto per sempre solo per il bene di Chantelle. Era ora che lei e suo padre affrontassero una conversazione tra adulti.

Emily fece di no con la testa. “Perché non lo fai adesso così da avere tutto il giorno per giocare con nonno Roy? Che ne dici?”

Chantelle cedette e lasciò la stanza sbattendo un po’ i piedi.

“Hai aperto il bar,” notò Roy guardando la rivendita clandestina ormai brillante. Pareva impressionato dal modo in cui Emily aveva mantenuto l’atmosfera del posto come aveva fatto lui, come un omaggio ai tempi andati. “Lo sai che è tutto originale.”

Annuì. “Lo immaginavo. Eccetto le bottiglie di liquori.”

Senza Chantelle a smorzare la situazione, tra loro nacque della tensione. Emily indicГІ il sofГ .

“Ci sediamo?”

Roy annuì e si accomodò. Il viso aveva perso ogni colore, come se avesse percepito che era venuta l’ora di regolare i conti.

PerГІ, prima che Emily ne avesse modo, Daniel comparve con un vassoio con caffГЁ, crema, zucchero e tazze. Lo sistemГІ sul tavolino. Crebbe il silenzio mentre versava la bevanda.

Roy si schiarì la voce. “Emily Jane, se hai delle domande, puoi pormele.”

La capacità di Emily di mantenersi cortese e cordiale si ruppe. “Perché mi hai lasciata?” scoppiò.

Daniel sollevГІ di scatto la testa dalla sorpresa. SgranГІ gli occhi. Probabilmente prima non si era accorto che la gioia che Emily aveva provato alla vista di Roy le aveva fatto emergere anche la rabbia che aveva covato per tutto il giro della casa. Allora si alzГІ.

“È meglio che vi lasci un po’ soli,” disse cortesemente.

Emily alzò lo sguardo su di lui. Era così in imbarazzo lì in piedi, come se avesse invaso improvvisamente una questione privata, ed Emily si sentì un po’ in colpa per aver inacidito la conversazione così velocemente in sua presenza, senza dargli la possibilità di trovare un modo un po’ più gentile di andarsene.

“Grazie,” gli disse mentre Daniel si precipitava fuori dalla stanza.

TornГІ a guardare suo padre. Roy sembrava ferito dal suo evidente dolore, ma respirava con calma e la guardava con occhi gentili.

“Ero distrutto, Emily Jane,” cominciò. “Dopo la perdita di Charlotte ero un uomo distrutto. Bevevo. Avevo delle relazioni. Mi ero alienato i miei amici di New York finché non sono più riuscito a sopportare di stare lì. Io e tua madre ci siamo lasciati, anche se c’era da aspettarselo. Sono venuto qui per ricostruire la mia vita.”

“Solo che non l’hai fatto,” rispose con veemenza Emily. “Sei scappato. Mi hai lasciata.”

Sentiva le lacrime pungerle gli occhi. Anche gli occhi di suo padre si stavano facendo rossi e annebbiati. AbbassГІ lo sguardo, con vergogna.

“Stavo ignorando le cose,” disse con tristezza. “Pensavo di poter fingere che andasse tutto bene. Anche se erano passati anni dalla morte di Charlotte, non mi ero mai permesso di provare qualcosa. Non sono mai andato in camera vostra – ti ho trasferita in un’altra stanza, se ti ricordi.”

Emily annuì. Ricordava come fosse ieri quando suo padre aveva bloccato l’accesso a parti della casa, proibendole certe zone durante i soggiorni estivi – il belvedere, il secondo piano, i garage, il suo studio, il seminterrato – finché lei quasi non si era dimenticata tutto quanto: la loro esistenza o quel che contenevano. Si ricordava il suo comportamento sempre più eccentrico, la sua ossessione di collezionare antichità che a lei pareva non tanto un hobby quanto una compulsione, il suo accumulare tutto. Ma più di tutto si ricordava la diminuzione dei contatti, il fatto di trascorrere sempre meno tempo con lui nel Maine finché non ebbe compiuto quindici anni e, un’estate, lui non tornò più per venirla a prendere. Quella era stata l’ultima volta che l’aveva visto.

Emily voleva essere comprensiva nei confronti delle azioni del padre. Ma anche se una parte di lei capiva che si era trattato di un uomo distrutto che un giorno era crollato, al tormento che le sue azioni le avevano procurato non potevano essere date spiegazioni.

“Perché non sei venuto a dirmi addio?” disse Emily – le lacrime le scendevano per le guance in fiumi. “Come hai potuto andartene così?”

Anche Roy sembrava farsi sopraffare dall’emozione. Emily si accorse che gli tremavano le mani. Le labbra gli fremettero quando parlò. “Mi dispiace tanto. Quella decisione mi ha perseguitato.”

“Ha perseguitato te?” esclamò Emily. “Io non sapevo se eri vivo o morto! Mi hai lasciata lì a chiedermelo, senza risposta. Hai idea di come una cosa del genere riduca una persona? Tutta la mia vita era in pausa a causa tua! Perché tu sei stato troppo codardo da dirmi addio!”

Roy prese le sue parole come ripetuti pugni in viso. Aveva un’espressione così dolente che sembrava che davvero lo avesse colpito fisicamente.

“È stato imperdonabile,” disse, con appena più di un sospiro. “Quindi non cercherò di giustificarmi.”

Emily sentì il cuore battere furiosamente in petto. Era accecata dalla rabbia. Tutte le emozioni degli anni passati le esplosero fuori con la forza di uno tsunami.

“Hai almeno pensato a quanto mi avrebbe fatto soffrire?” esclamò con la voce che si alzava ulteriormente di tonalità e di volume.

Roy pareva colto dall’ansia, aveva tutto il corpo teso, la faccia contorta dal rimorso. Emily era contenta di vederlo così. Voleva che soffrisse quanto aveva sofferto lei.

“All’inizio no,” confessò. “Perché non pensavo lucidamente. Non riuscivo a pensare a niente e a nessuno tranne che a me stesso, al mio dolore. Pensavo che senza di me saresti stata meglio.”

Allora crollò, sobbalzando dai singhiozzi e tremando dall’emozione. Vederlo così fu un’accoltellata al cuore. Emily non voleva vedere suo padre crollare e andare in pezzi sotto i suoi occhi, ma lui doveva sapere. Non sarebbero andati avanti, non avrebbero riparato nulla senza tirare fuori tutto quanto.

“Quindi hai pensato che andandotene mi avresti fatto un favore?” disse brusca Emily incrociando le braccia sul petto con fare protettivo. “Ti rendi conto di quanto sia folle?”

Roy piangeva amaramente col volto coperto dalle mani. “Sì. Ero fuori di me all’epoca. Lo sono rimasto per moltissimo tempo. Quando mi sono accorto del danno che avevo fatto era passato troppo tempo. Non sapevo come tornare al passato, come riparare il dolore.”

“Non ci hai neanche provato,” lo accusò Emily.

“Sì che ci ho provato,” disse Roy – il tono lagnoso che aveva seccava Emily ancora di più. “Tantissime volte. Sono tornato nella casa in diverse occasioni, ma ogni volta il senso di colpa per quello che avevo fatto mi soffocava. C’erano troppi ricordi. Troppi fantasmi.”

“Non dirlo,” rimbeccò Emily mentre con la mente andava subito alle immagini di Charlotte nella casa. “Non ti azzardare a dirlo.”

“Scusami,” ripeté Roy trasalendo dall’ansia.

AbbassГІ lo sguardo sul grembo, dove teneva le mani tremanti.

Sulla tavola di fronte a loro, le tazze piene di caffГЁ si stavano raffreddando.

Emily fece un lungo e profondo respiro. Sapeva che suo padre aveva sofferto di depressione – aveva trovato la prescrizione dei medicinali tra i suoi averi – e che non era in sé, che il dolore lo costringeva a comportarsi in modo imperdonabile. Non avrebbe dovuto fargliene una colpa, eppure non poteva farne a meno. L’aveva delusa moltissimo. L’aveva lasciata sola col suo dolore. Con sua madre. C’era così tanta rabbia a ribollirle nel cuore, anche se sapeva che non c’erano colpe.

“Cosa posso fare per sistemare le cose con te, Emily Jane?” disse Roy con le mani giunte in preghiera. “Come posso anche solo cominciare a sistemare il danno che ho causato?”

“Comincia col riempire i vuoti,” rispose Emily. “Dimmi cos’è successo. Dove sei stato. Che cos’hai fatto per tutti questi anni.”

Roy sbattГ© le palpebre, come sorpreso dalle domande di Emily.

“È stato il non sapere a uccidermi,” spiegò Emily con tristezza. “Se avessi saputo che stavi bene da qualche parte, avrei potuto gestire la cosa. Non hai idea di quanti scenari mi sono immaginata, di quante vite diverse ho immaginato che stessi vivendo. Ho trascorso gli anni non riuscendo a dormire. Era come se la mia testa non riuscisse a smettere di evocare opzioni finché non avessi trovato quella giusta, anche se non c’era modo di arrivarci. Era una missione impossibile e futile, ma non riuscivo a smettere. Perciò è così che puoi aiutarmi. Comincia col dirmi la verità, col dirmi quello che per tutti questi anni non ho saputo. Dove sei stato?”

Finalmente le lacrime di Roy si calmarono. Tirò su col naso, si asciugò gli occhi con la manica. Poi si schiarì la voce.

“Ho vissuto tra la Grecia e l’Inghilterra. Mi sono fatto una casa a Falmouth, in Cornovaglia, sulla costa inglese. È un posto bellissimo. Scogliere e un panorama meraviglioso. C’è una fantastica scena artistica.”

Giustissimo, pensГІ Emily ricordandosi la sua ossessione per i dipinti di Tori, ricordando che ne aveva appeso uno raffigurante il faro nella casa di New York dove viveva con Patricia, e che Emily si era arrabbiata quando aveva capito quanto fosse stato sfrontato e irrispettoso da parte sua quel gesto.

“Come hai fatto a permettertelo?” lo sfidò Emily. “La polizia ha detto che non c’è stata attività sui tuoi conti bancari. È stata una delle ragioni che mi hanno fatto pensare che fossi morto.”

Roy trasalì al sentire quella parola. Emily capì quanto male si sentisse di fronte al dolore che le aveva fatto passare. Ma doveva sentirlo. E lei doveva dirlo. Era l’unico modo che avevano per sperare di andare avanti.

“Non ho venduto nessuna delle mie antichità, se è quello che pensavi,” cominciò. “Le ho lasciate tutte per te.”

“Dovrei ringraziarti?” gli chiese amaramente Emily. “Non è che un diamante può risolvere anni di abbandono.”

Roy annuì tristemente, incassando le sue parole rabbiose. Emily cominciò ad accettare che la stava mettendo al corrente, che non cercava più di giustificare le sue azioni ma che invece ascoltava il dolore che le avevano causato.

“Hai ragione,” disse piano. “Non volevo sottintendere che potesse essere così.”

Emily serrò la mascella. “Bene; allora va’ avanti,” disse. “Dimmi cos’è successo dopo che te ne sei andato. Come ti sei mantenuto.”

“All’inizio vivevo un giorno alla volta,” spiegò Roy. “Tiravo su i soldi facendo tutto quello che potevo. Lavori strani. Sistemavo auto e biciclette. Riparazioni. Ho imparato a fabbricare e sistemare orologi. Lo faccio ancora. Sono un orologiaio. Faccio orologi elaborati con chiavi nascoste e compartimenti segreti.”

“Ovviamente,” disse, con amarezza, Emily.

A Roy tornò un’espressione di vergogna.

“E l’amore?” chiese Emily. “Ti sei sistemato?”

“Vivo da solo,” rispose triste Roy. “Da quando me ne sono andato. Non volevo causare dolore a nessun altro. Non riuscivo a sopportare di avere gente intorno.”

Per la prima volta Emily cominciò a provare compassione per suo padre – se lo immaginava solo, a vivere come un eremita. Iniziò ad avere la sensazione di aver lasciato uscire tutto il dolore che doveva, di averlo incolpato abbastanza da essere finalmente in grado di stare a sentire la sua versione. Si sentì ripulire da un’ondata catartica.

“È per questo che non uso la tecnologia moderna,” proseguì Roy. “In città c’è una cabina telefonica che uso per telefonare, molto raramente. L’ufficio postale del posto mi informa se qualcuno ha risposto al mio annuncio come orologiaio. Quando mi sento abbastanza forte vado alla biblioteca a controllare le email per vedere se mi hai scritto.”

Emily si bloccò, accigliata. La cosa la sorprese. “Davvero?”

Roy annuì. “Ti ho lasciato degli indizi, Emily Jane. Ogni volta che tornavo in casa lasciavo una nuova briciola di pane perché tu la trovassi. L’indirizzo email è stato il passo più grande che ho fatto, perché sapevo che non appena lo avessi trovato si sarebbe aperta una linea diretta tra te e me. Ma l’ansia dell’attesa era insopportabile. Quindi mi sono limitato a pochi controlli l’anno. Quando ho ricevuto la tua email ho preso subito un volo per tornare qui.”

Emily capì allora che era quella la ragione per quei mesi in più di ansia che le aveva fatto patire dopo che era venuta a sapere che era ancora vivo e l’aveva contattato. Non la stava ignorando né evitando – semplicemente non aveva visto l’email.

“È vero?” gli chiese con voce forzata mentre le lacrime le riempivano gli occhi. “Sei davvero venuto qui non appena hai visto che ti avevo scritto?”

“Sì,” rispose Roy con la voce che era appena un sospiro. Anche le sue, di lacrime, avevano ripreso a scorrere. “Ho sperato, desiderato, sognato che mi scrivessi. Ho pensato che un giorno saresti tornata qui, quando fossi stata pronta. Ma sapevo anche che saresti stata arrabbiata con me. Volevo che l’iniziativa fosse tua. Volevo che fossi tu a metterti in contatto con me perché non volevo intromettermi nella tua vita. Pensavo che se fossi andata avanti senza di me sarebbe stato meglio lasciare le cose così.”

“Oh, papà,” gemette Emily.

Qualcosa, alla fine, uscì dal profondo di Emily. Qualcosa nell’ultima e finale ammissione spezza cuore venuta da suo padre era ciò che aveva sempre avuto bisogno di sapere. Che stava aspettando che lei facesse il primo passo. Non la stava evitando, non si stava nascondendo; le aveva lasciato degli indizi in fede che una volta che lei avesse messo insieme tutti i pezzi avrebbe deciso autonomamente se poteva perdonarlo per poi lasciarlo entrare nella sua vita.

Emily si alzГІ in piedi e corse al sofГ  che aveva di fronte, buttandogli le braccia al collo. SinghiozzГІ contro la sua spalla, dei singhiozzi profondi che le scossero tutto il corpo. Roy si aggrappГІ a lei, tremando anche lui dallo sfogo di dolore.

“Mi dispiace così tanto,” disse soffocando, con la voce smorzata dai capelli di Emily. “Mi dispiace tanto, tantissimo.”

Rimasero così a lungo, tenendosi l’uno con l’altra, lasciando andare ogni lacrima dovuta, facendo uscire il dolore fino all’ultima goccia. Alla fine il pianto cessò. Tutto si fece silenzio.

“Hai altre domande?” disse alla fine con calma Roy. “Non ti terrò segreto più niente. Non ti nasconderò nulla.”

Emily era esausta, svuotata da tutte le emozioni. Il petto di suo padre si sollevava e abbassava a ogni suo profondo respiro. Era così stanca che le pareva di potersi addormentare proprio lì, tra le sue braccia. Però, allo stesso tempo, aveva ancora un milione di domande che le vorticavano nella mente – ma una era più importante delle altre.

“La notte in cui è morta Charlotte…” cominciò. “La mamma mi ha detto delle cose, ma è solo la sua versione. Cos’è successo?”

L’abbraccio di Roy si strinse. Emily sapeva che gli era difficile riportare alla mente quella notte, ma voleva disperatamente conoscere la verità, o almeno la versione dei fatti di suo padre. Forse sarebbe stata in grado di mettere insieme le tre parti – quella di Patricia, quella di Roy e la sua – e creare qualcosa che avesse un senso.

“Vi ho portate qui per il Ringraziamento e il Natale,” cominciò Roy. “Le cose con tua madre non andavano bene, quindi lei è rimasta a casa. Ma poi avete preso tutte e due l’influenza.”

“Credo di ricordarmelo,” disse Emily. Tornò a un ricordo d’infanzia in cui aveva avuto la febbre. “C’era il cane di Toni, Persefone. Sono crollata in corridoio.”

Roy annuiva, ma sembrava imbarazzato. Emily il perchГ© lo sapeva; era stato un momento cruciale nella sua relazione con Toni, il momento in cui aveva avuto tanta faccia tosta da far incrociare la vita della sua amante con quella delle figlie.

“Ti ricordi che tua madre è venuta qui senza avvertire?” chiese Roy.

Emily fece di no con la testa.

“Voleva venire per seguirvi, dato che stavate molto male.”

“Non è una cosa che la mamma farebbe,” disse Emily.

Roy rise. “No, non lo è. Magari era una scusa. Sospettava che avessi una relazione e voleva presentarsi qui per cogliermi in fallo.”

Emily annuì mogia. Questo era più lo stile di sua madre.

“Devi aver rimosso il litigio, perché sono sicuro che abbiamo gridato tanto da farci sentire fin giù al porto.” Si strinse nelle spalle. “Non lo so se è stato questo a svegliare Charlotte. Prendeva delle medicine che la intontivano. Tutte e due le prendevate. Ma lei si è svegliata e immagino che si sia un po’ confusa mentre ci cercava, o solo che si sentisse male. È finita nella dépendance con la piscina. Immagino che il resto tu lo conosca.”

Il resto lo conosceva. Ma quello che non aveva capito era che piccolissimo ruolo avesse avuto lei in ciò che era accaduto. Non era stata colpa sua se non si era svegliata quando l’aveva fatto Charlotte per impedirle di andarsene in giro. Non era stata colpa sua se aveva parlato con tanto entusiasmo della piscina nuova da far venire voglia alla sorellina di andare a vederla. Era malata, confusa, forse anche terrorizzata per via del litigio dei suoi genitori. Non aveva nessuna colpa. Neanche una.

Emily provГІ un improvviso sollievo. Il peso che non si era neanche accorta di aver portato con sГ© le si sollevГІ dalle spalle. Era rimasta aggrappata al senso di colpa per la morte di Charlotte, anche dopo che sua madre le aveva chiarito che la colpa non era sua. Adesso le parve che suo padre le avesse dato il permesso di lasciar andare la colpa.

Si accoccolГІ contro di lui, mentre una nuova sensazione di pace metteva radici dentro di lei.

Proprio allora la calma venne interrotta da dei colpi alla porta. Daniel fece capolino nella stanza.

“Daniel, vieni,” disse Emily facendogli cenno di entrare. Adesso che lei e suo padre avevano portato tutto alla luce lo voleva lì con sé. Aveva bisogno del suo sostegno.

Lui entrò e si sedette sull’orlo del sofà di fronte a loro. Emily si asciugò le lacrime dalle ciglia, ma rimase aggrappata al padre, appallottolata accanto a lui come una bambina.

“Avete bisogno di qualcosa?” chiese loro dolcemente. “Un fazzoletto? Qualcosa di forte da bere?”

Era proprio ciГІ che serviva in quel momento per tagliare la pesantezza. Emily scoppiГІ a ridere con un singhiozzo. Sentiva la pancia di Roy rumoreggiare mentre rideva.

“Un drink andrebbe bene,” disse.

“Anche per me,” rispose Roy. “Il bar è pieno?”

Daniel prese il comando. “Sì. Vieni. È fantastico. Preparo qualcosa da bere.”

Emily esitava. “Papà, è una buona idea?” disse.

“Perché no?” rispose Roy confuso.

Emily abbassò la voce. “Per via del tuo problema con l’alcol.”

Roy era sconvolto. “Quale problema con l’alcol?” Poi impallidì. “Patricia ti ha detto che ero un alcolista?”

“Ma tu eri davvero un alcolista,” rispose Emily. “Me lo ricordo che bevevi. Continuamente.”

“Bevevo pesantemente,” ammise Roy. “Lo facevamo tutti e due, io e tua madre. È uno dei motivi per cui il nostro rapporto era così esplosivo. Ma non ero un alcolista.”

“E gli zabaioni che ti bevevi a colazione sotto Natale?” chiese ricordandosi quanto si fosse irritato suo padre quando lei gli aveva fatto cadere il bicchiere.

“Ma era solo per Natale!” esclamò Roy.

Un altro pezzo del passato di Emily si ridefiniva. Aveva creduto alla versione amara e distorta degli eventi di Patricia, aveva permesso che rimpiazzasse i ricordi che aveva lei di suo padre. ProvГІ rabbia contro sua madre per aver trasformato Roy nel cattivo della loro esperienza piГ№ traumatica.

Andarono al bar e si accomodarono al bancone. Daniel si mise al lavoro per preparare i cocktail.

“Per la sera abbiamo un barista,” spiegò a Roy. “Alec. È fantastico. Meglio di me, comunque.”

VersГІ per ognuno un margarita. Roy bevette un sorso.

“È buonissimo,” disse. Poi, un po’ timidamente, aggiunse, “Devo dire che sei diventato un distinto giovane gentiluomo.”

Emily sentì sollevarsi il cuore. Sorrise, finalmente espirò, con la sensazione che tutto fosse come doveva essere.

“Per questo devo ringraziare te,” rispose Daniel, timidamente, senza guardarlo negli occhi. “Per avermi insegnato cose che mi interessavano. La pesca. La navigazione.”

“Navighi ancora?” chiese Roy.

“Ho una barca la porto. L’ho sistemata grazie a Emily. Usciamo in gita in famiglia. Anche Chantelle la adora. È bravissima a pescare.”

“Anch’io esco ancora spesso in barca,” disse Roy. “Quando non sto lavorando a un orologio trascorro il tempo in barca. O in giardino.”

“Ti ricordi il giorno in cui mi hai insegnato a fare l’orto?” chiese Daniel.

“Certo,” rispose Roy. Sorrise al ricordo. “Non avevo mai visto un trasandato teppistello lavorare così duramente con un trapiantatoio in mano.”

Daniel rise. “Ero assetato di conoscenza,” disse. “Di cogliere l’opportunità. Anche se da fuori sembrava che odiassi il mondo.”

Emily trovò strano vederli ridere e scherzare. C’era tanto dolore in meno tra di loro. Era più spirito di squadra. Daniel era da sempre grato all’uomo che gli aveva dato un’opportunità quando ne aveva avuto bisogno, anche se quello stesso uomo era scomparso senza dire una parola neanche a lui. Forse era solo sorpresa di accorgersi di quanto un tempo fossero stati vicini sapendo anche che quell’estate che avevano trascorso insieme era stata l’estate che lei e suo padre avevano trascorso separatamente.

In quel momento le vibrò il telefono e vide che era un messaggio da parte di Amy sulla visita che avevano programmato per quel pomeriggio. Lei e Jayne avevano della roba urgente di cui occuparsi e avrebbero fatto una sosta, quindi sarebbero arrivate più tardi del previsto. Emily si accorse, con fare colpevole, di essersi completamente dimenticata del loro arrivo. Era stata così presa dal padre che tutto il resto le era uscito di mente.

Le rispose rapidamente e poi riportò l’attenzione su suo padre e su Daniel. Ridevano di nuovo con leggerezza.

“Sono contentissimo che la barca abbia retto,” stava esclamando Daniel. “Chi avrebbe pensato che il tempo sarebbe cambiato così? Una tempesta nel bel mezzo dell’estate.”

“È stato un pessimo tempismo,” rispose Roy. “Considerando che era il tuo primo giro in barca.”

“Be’, avevo il maestro migliore, quindi non ero preoccupato.” Sorrise, con lo sguardo distante, perso nei ricordi. “Grazie per avermi insegnato tutto sulle barche, sull’acqua e sulla navigazione. Adesso non riesco a immaginarmi di vivere senza queste cose.”

Emily osservava Roy sorridere insieme a Daniel. Adesso che aveva lasciato andare la rabbia provava una sensazione soverchiante di pace, di adeguatezza. Avrebbe sempre dovuto essere così. Suo padre che passava il tempo col suo fidanzato, godendosi la reciproca compagnia, non vedendo l’ora di diventare presto parte della stessa famiglia.

Magari era un po’ tardi, ma Emily adesso avrebbe fatto tutto il possibile per godersela.



*



Mentre si faceva sera, Daniel preparò un’altra serie di cocktail. Posò il bicchiere di fronte a Emily proprio quando le vibrò il telefono per una telefonata.

“È Amy,” spiegò. “Devo rispondere.”

“Amy? Delle scuole superiori?” chiese Roy sollevando un sopracciglio.

Emily annuì. “Siamo ancora amiche,” lo informò. “È una delle damigelle. Mi sta aiutando molto a preparare il matrimonio.”

Emily uscì di corsa dal bar per rispondere.

“Em, ci dispiace tantissimo,” cominciò Amy. “La telefonata è durata un’eternità e adesso siamo troppo distrutte per guidare. Ci fermiamo qui per la notte. Non odiarci.”

“Non vi odio,” le disse Emily, segretamente sollevata che le sue amiche non avrebbero interrotto la sua riunione col padre.

“Domani mattina partiamo subito,” aggiunse Amy.

“Amy, davvero, va tutto bene,” disse Emily. “È successo qualcosa qui.”

“Che cosa? C’entra il matrimonio? Daniel? Sheila?” Sembrava preoccupata.

“Niente del genere,” spiegò Emily. Poi fece un respiro profondo. “Amy, c’è mio padre.”

Ci fu un lungo silenzio. “Cosa? Come? Stai bene?”

A questo non sapeva come rispondere, e proprio non voleva starci a pensare troppo su. Non l’aveva ancora assorbita del tutto. Aveva bisogno di tempo per sbrogliare le emozioni e trovare il senso di tutto.

“Sto bene. Ne parliamo quando arrivate.”

Amy non sembrava convinta. “Okay. Ma se hai bisogno di parlare con qualcuno, chiamami subito. A domani.”

Emily riattaccГІ e tornГІ al bar, alle risate gioiose di Roy e Daniel. Gli amici di vecchia data erano tornati insieme.

“Be’,” disse Roy bevendo l’ultimo sorso rimasto nel bicchiere. “Credo che sia ora che mi levi dai piedi. Sembra che abbiate degli ospiti di cui occuparvi.”

Emily era terrorizzata al pensiero che Roy se ne andasse. “Ho lo staff, si stanno occupando di tutto loro. Possiamo trascorrere del tempo insieme. Non te ne devi andare per forza.”

Roy notò la sua aria spaventata. “Volevo solo dire che è ora che vada a letto. A dormire.”

“Vuoi dire che resti?” chiese Emily sorpresa. “Qui?”

“Se hai posto…” disse Roy docilmente. “Non intendevo darlo per scontato.”

“Ma certo che puoi rimanere!” esclamò Emily. “Per quanto hai intenzione di rimanere?”

“Fino al matrimonio, se non è un problema. Potrei aiutarvi un po’ con le varie organizzazioni, se vi serve.”

Emily era sconvolta. Non solo suo padre era lì, ma intendeva rimanere per più di una settimana! Era davvero un sogno diventato realtà.

“Sarebbe meraviglioso,” disse.

Salirono di sopra e sistemarono Roy nella stanza che si trovava accanto al suo studio. Emily sapeva che a un certo punto avrebbe voluto entrarci, probabilmente da solo.

“Questa stanza va bene?” chiese.

“Oh, sì. È adorabile,” rispose Roy. “E si trova proprio accanto alla mia scala segreta.”

Emily si accigliò. “Alla tua cosa?”

“Non mi dire che non l’hai trovata,” disse Roy. Aveva un’ombra di malizia nello sguardo, che rivelava il suo problemino di un tempo con la pazzia, quella spirale che aveva trasformato la sua passione giocosa per le mappe dei tesori in casseforti segrete e inaccessibili dalle combinazioni nascoste.

“Vuoi dire la scala per il belvedere?” chiese Emily. “Quella l’ho trovata. Ma è al secondo piano.”

Roy allora applaudì rumorosamente, come se deliziato dalla cosa. “Non l’hai trovata! La scala dei domestici.”

Emily scosse la testa per dire di no. “Ma ho visto i progetti di tutta la casa. Il bar era l’ultimo luogo nascosto che c’era.”

“Una cosa non può essere nascosta se si trova nei progetti!” esclamò Roy.

“Mostracela,” disse Daniel. Pareva elettrizzato, come quando avevano scoperto il bar.

Roy li condusse nel suo studio. “Non vi siete chiesti perché ci fosse lo stipite di un camino su questo muro?” Ci bussò contro, e ne uscì un suono vuoto. “Tutti gli altri stipiti dei camini sono su muri esterni. Questo è su un muro interno.”

“Non mi è neanche passato per la testa,” disse Emily.

“Be’, è qui dietro,” disse Roy. “Ti spiace darmi una mano, Daniel?”

Daniel obbedì subito. Rimossero quella che agli occhi di Emily adesso era una parete finta tappezzata in modo da essere uguale al resto della stanza. Ed eccola lì. Una scala. Semplice, niente di particolarmente bello da vedere, ma era la sua stessa esistenza a entusiasmarli.

“Non ci credo,” disse Emily avanzando. “È per questo che hai scelto di fare lo studio qui?”

“Ovviamente,” rispose Roy. “Le scale erano la scorciatoia della servitù per raggiungere il dormitorio senza essere visti da chi si trovava in casa. Va da qui giù fino al seminterrato, che è il luogo in cui un tempo dormivano i domestici.”

“E questo è l’unico accesso,” affermò Emily, capendo adesso perché non l’avesse trovata prima. Il seminterrato conteneva ancora delle stanze che non aveva esplorato, e lo studio di suo padre era la stanza sulla quale aveva lavorato meno.

Roy annuì. “Sorpresa.”

Emily rise e scosse la testa. “Così tanti segreti.”

Uscirono dallo studio e Roy andГІ in camera sua. Emily andГІ a chiudergli la porta, ma lui le si avvicinГІ per darle il bacio della buonanotte.

Emily si bloccò, sconvolta. Suo padre non le dava un bacio da così tanto tempo, da ben prima che scomparisse dalla sua vita.

“Buonanotte, papà,” disse frettolosamente.

Chiuse la porta e si precipitГІ in camera sua. Una volta che fu dentro, al sicuro, Daniel la strinse immediatamente in un abbraccio di cui aveva davvero bisogno.

“Come va?” le chiese dolcemente, cullandola delicatamente tra le braccia.

“Non riesco a credere che sia davvero qui,” balbettò lei. “Continuo a pensare che sia un sogno.”

“Di cosa avete parlato?”

“Di tutto. Cioè, so che sto ancora elaborando la cosa, ma è stato catartico. Ho la sensazione che ora possiamo lasciarci tutto il dolore alle spalle e ricominciare da capo.”

“Quindi sono lacrime di felicità quelle che mi bagnano la spalla?” scherzò Daniel.

Emily si fece indietro e rise della macchia scura che Daniel aveva sulla camicia. “Ops, scusa,” disse. Non si era neanche accorta di piangere.

Daniel la baciò con leggerezza. “Non c’è nulla di cui scusarsi. Lo capisco che sarà dura. Se devi piangere o ridere o urlare o altro, io sono qui. Okay?”

Emily annuì, molto grata di avere un uomo tanto meraviglioso nella sua vita. E adesso, con suo padre lì con lei, le pareva che tutto stesse andando davvero a posto. Almeno, dopo così tanti anni trascorsi a vivere una vita insoddisfacente, sentiva che finalmente avrebbe vissuto la vita che meritava.

Al suo matrimonio mancava solo una settimana. E adesso, per la prima volta, con tutte le persone che amava accanto a sГ©, si sentiva davvero pronta a compiere quel passo.

Adesso era il momento di sposarsi.




CAPITOLO DUE


La mattina seguente Emily si svegliò prima del solito, esultante. Corse di sotto a preparare la colazione – un banchetto composto da uova, toast, bacon e pancake – canticchiando felicemente tra sé e sé per tutto il tempo. Daniel scese con Chantelle poco dopo. Emily guardava l’orologio mentre il tempo passava, preoccupandosi perché suo padre non si era ancora fatto vedere.

“Perché non vai a bussare alla sua porta?” suggerì Daniel, avendo evidentemente capito il motivo delle sue occhiate furtive.

“Non voglio disturbarlo,” rispose Emily.

“Vado io,” disse Chantelle saltando giù dallo sgabello.

Emily scosse la testa. “No, tu mangia. Vado io.”

Non era sicura di cosa nell’idea di disturbare il padre la preoccupasse così tanto. Forse era l’assillante sensazione che aveva nei recessi della mente che le diceva che quando avrebbe bussato lui non sarebbe stato lì, che tutto alla fin fine si sarebbe rivelato essere un sogno.

Si avvicinò cauta alla sua stanza, poi si schiarì la voce, sentendosi una sciocca. Bussò forte.

“Papà, ho preparato la colazione. Sei pronto a venire di sotto?”

Quando non ci fu risposta, Emily provГІ la prima fitta di panico. Ma si riscosse. Roy poteva anche essere sotto la doccia, dove non poteva sentirla.

Girò la maniglia della porta e vide che non era chiusa a chiave. La aprì e sbirciò nella stanza. Il letto era vuoto, ma non si sentiva scrosciare l’acqua dal bagno – non c’era segno di Roy.

Emily cessò immediatamente di cercare di contenere la paura. Tutto in una volta ne venne investita. Aveva insistito troppo la sera prima? L’aveva messo a disagio all’idea di rimanere?

Si precipitò nel corridoio, poi scese la scala per la cucina. Fu solo la vista di Chantelle che sbatteva le palpebre perplessa al bancone della colazione a impedirle di urlare a Daniel. Invece si bloccò e riuscì a ricomporsi.

“Daniel, mi daresti un attimo una mano?” disse Emily cercando di evitare di fare smorfie.

Daniel alzò lo sguardo e si accigliò. Evidentemente era riuscito a vedere oltre il sorriso che si era stampata in faccia. “Con cosa?”

“Uhm…” annaspò Emily. “C’è una cosa pesante da spostare.”

“Che cosa?” insistette Daniel.

Emily pronunciò la prima parola che le venne in mente. “Carta igienica.”

Chantelle fece una risatina. “Carta igienica pesante?”

“Daniel,” sbottò Emily. “Per piacere. Vieni un attimo ad aiutarmi.”

Daniel sospirГІ e si alzГІ da tavola. Emily gli afferrГІ il braccio e lo spinse in corridoio.

“È papà,” sussurrò. “Non è nella sua stanza.”

Dal cambiamento di espressione, Emily capì che finalmente aveva compreso perché si stava comportando in modo così strano.

“Non se n’è sicuramente andato via,” la rassicurò Daniel massaggiandole le braccia. “Probabilmente sta facendo un giro fuori.”

“Non lo puoi sapere,” rispose Emily. Adesso stava lasciando libero sfogo al panico, e stava per mettersi a piangere.

“Controllo il giardino sul retro,” disse Daniel. “Tu controlla la casa.”

Emily annuì, contenta che le fosse stato dato qualcosa da fare. La testa le si era svuotata dalla paura.

Daniel si precipitГІ fuori ed Emily prese le scale, facendo due gradini alla volta. ControllГІ ogni camera degli ospiti aperta, ma invano. Attraverso le finestre del pianerottolo vedeva Daniel girare per il giardino. Quindi neanche lui aveva avuto fortuna.

Poi ebbe un’illuminazione. Corse alla fine del corridoio e spalancò la porta dello studio di Roy.

La stanza era al buio, con le tende tirate, ma la lampada della scrivania era accesa, creando così un effetto da riflettore sulla superficie del legno. Curvo dietro alla luce c’era l’inconfondibile figura di Roy Mitchell, piegato su qualcosa, lì ad armeggiare.

Emily lasciГІ uscire un grosso sospiro e posГІ le spalle contro la cornice della porta, lasciando che questa sostenesse il suo peso mentre la tensione la abbandonava.

“Oh, buongiorno,” disse Roy con fare innocente, alzando lo sguardo nel sentire l’esalazione. “Stavo dando una sistematina a questo.” Sollevò un orologio a cucù con la cassa aperta. Ne chiuse con delicatezza le porticine e il cucù uscì. Sorridendo, lo riposò. “Come nuovo.”

Il panico di Emily scomparve e fu sostituito repentinamente dalla felicità. Veder suo padre armeggiare era strano, nella sua familiarità. Era come se fosse sempre stato lì. Quella vista la riempì di gioia.

“Sei pronto per la colazione?” chiese.

Roy annuì e si alzò in piedi. Mentre scendevano insieme, Emily bussò alla finestra del pianerottolo da dove poteva vedere Daniel andare avanti e indietro per il giardino. Lui alzò lo sguardo ed Emily gli fece vedere il pollice sollevato. Lo vide rilassarsi dal sollievo.

Andarono in cucina, dove Chantelle stava ancora mangiando, ignara di ciГІ che era accaduto.

“Pare che tu abbia messo su un banchetto coi fiocchi,” disse Roy ridacchiando mentre si sedeva accanto a Chantelle.

“Come hai dormito, nonno Roy?” chiese Chantelle. Lei la sera prima si era addormentata mentre riordinava la stanza, e solo adesso lo rivedeva.

Roy si versò un bicchiere di succo di frutta. “Meravigliosamente, grazie, cara. Il letto era comodo come quello dove dormivo quando questa era casa mia.”

Al sentire quelle parole, Emily ebbe un’improvvisa preoccupazione. La casa era ancora sua. Era subentrata lei presumendo che fosse scomparso, forse morto, ma adesso che le cose non stavano più così lui aveva legalmente tutti i diritti di riprendersela.

Daniel venne a unirsi alla colazione in famiglia.

“Passeggiata di primo mattino?” gli chiese Roy mentre Daniel si accomodava.

Daniel colse lo sguardo significativo di Emily. “Non c’è niente come un po’ d’aria fresca di primo mattino,” disse con una punta di sarcasmo che Emily sapeva rivolto a lei.

“Nonno Roy mi ha appena detto di quando questa casa era sua,” lo informò Chantelle.

“Be’, in realtà è ancora sua,” spiegò Emily. Alzò lo sguardo sul padre, preoccupata. “La rivuoi?”

Roy allora si mise a ridere. “Oddio, no! Sono felicissimo che la abbia tu, tesoro. Non sto mica pensando di ritrasferirmi a Sunset Harbor.”

Emily avrebbe dovuto sentirsi felice di avere conferma che il padre non le avrebbe portato via la casa, ma invece fu tristezza che sentì alla conferma che si trovava lì solo temporaneamente. Non sapeva cosa avesse pensato, non sapeva se ci avesse anche solo pensato, ma adesso il pensiero che l’avrebbe lasciata di nuovo era bruttissimo.

Prese del pompelmo cupa, e ne mangiГІ una forchettata amara.

“Per quanto rimarrai con noi?” chiese Chantelle con i suoi innocenti modi di bambina.

“Solo fino a dopo il matrimonio,” spiegò Roy con una voce dolce che sembrava riservare solo a Chantelle, che Emily si ricordava di avergli sentito usare con lei quando aveva la stessa età della bimba. “È per questo che sono qui. Per aiutare con l’organizzazione.” Alzò lo sguardo su Emily. “C’è qualcosa con cui ti servirebbe aiuto?”

Emily stava ancora cercando di accettare il fatto che l’apparizione di Roy nella sua vita sarebbe stata breve e fuggevole, che appena tornato già sarebbe ripartito. L’ultima cosa a cui poteva pensare in quel momento erano le cose che doveva organizzare! E comunque era un po’ in ritardo. Mancava solo una settimana al matrimonio, quindi era già stato fatto quasi tutto.

“Puoi tenere d’occhio Chantelle mentre io mi occupo di varie cose,” disse Emily. “Se a lei non spiace.”

Chantelle sorrise. “Possiamo sistemare la serra di Trevor!”

Roy pareva interessato. “La serra di Trevor?”

“Trevor Mann, il vicino,” cominciò Emily. Poi chiuse la bocca. Il dolore per la morte di Trevor era ancora forte. Non sapeva come spiegare la situazione. “Alla fine siamo diventati amici e, be’, è morto. Col testamento mi ha lasciato casa sua.”

Roy sollevò le sopracciglia. Emily capì dalla sua espressione che i suoi rapporti con Trevor erano stati brutti.

“Trevor Mann ti ha lasciato casa sua?” chiese Roy sorpreso.

Emily annuì. “Lo so. Era un’amicizia improbabile. Alla fine io per lui ci sono stata.”

“Com’è morto?” chiese Roy con dolcezza.

“Forse non dovremmo parlarne a tavola,” li interruppe Daniel guardando Chantelle, che si era fatta piuttosto pallida.

Roy rivolse tutta la sua attenzione a Chantelle. RiportГІ la voce ai toni rassicuranti e paterni.

“Mi piacerebbe molto sistemare la serra con te,” disse. “Tu puoi fare il capo e dirmi cosa c’è da fare.”

Chantelle si illuminò istantaneamente. Dalla morte di Trevor era voluta disperatamente andare a controllare gli alberi, ma Emily l’aveva fermata, non ancora pronta ad aprire quella ferita.

“Posso mostrarla a nonno Roy subito?” chiese Chantelle guardando prima Daniel poi Emily.

Daniel fece un cenno in direzione di Emily, lasciando decidere a lei. Gli aveva detto così tante volte di non essere pronta a mettere piede in quella casa, che chiaramente pensava che fosse meglio che adesso decidesse lei invece di fare a Chantelle una promessa che non sarebbero stati in grado di mantenere.

“Certo, va bene,” disse Emily.

Era un po’ riluttante a mettere piede nella casa di Trevor, ma con suo padre e le persone a cui voleva bene lì a supportarla, forse non avrebbe fatto tanto male quanto si aspettava.



*



Emily fece un respiro profondo e girò la chiave del portone di Trevor. Si aprì, lasciando uscire l’aria rafferma che era stata chiusa lì per mesi. Il corridoio era buio ed Emily tremò, nervosa.

EntrГІ per prima, facendo strada. Dietro di lei Daniel teneva stretta la mano di Chantelle, rassicurando la piccola.

Mentre percorrevano il corridoio, Emily non potГ© fare a meno di richiamare alla memoria frammenti delle conversazioni fatte con Trevor. I ricordi la inondarono quando vide il tavolo dove si erano seduti per bere insieme il tГЁ, il soffitto intonacato da dove era entrata la tempesta. Quel luogo era pieno di ricordi di Trevor. Era soverchiante pensare al giorno in cui avrebbe dovuto sistemarlo.

“La serra è per di là,” disse Chantelle.

Emily si fece da parte e permise alla bambina di prendere il comando. La seguirono tutti nel retro della casa, oltre la porta a vetri della serra.

Anche se a Trevor era piaciuto starsene seduto lì nelle sue ultime settimane, la serra era in uno stato terribile. Tutti si guardarono intorno, osservando l’enormità del lavoro che avrebbero dovuto fare per riportare quel posto alla gloria passata.

Chantelle estrasse il taccuino e si mise a prendere appunti. “Credo che ci serva una fontana,” disse. “Delle panchine, così possiamo sederci qui a leggere in estate. Anche un dondolo. Un posto dove papà può fare l’orto. E un giardino di fiori.”

“Io so tutto su quali piante crescono in quali climi,” disse Roy a Chantelle. “Posso aiutarti a scegliere i tipi giusti.”

Stava prendendo Chantelle molto seriamente, il che era una delizia per Emily. Aveva pure un taccuino e una penna rosa con le piume che stava usando per segnarsi ciГІ di cui avevano bisogno.

“A quali colori pensavi?” chiese Roy con fare professionale.

“Al giallo e al rosa,” disse Chantelle. “Oppure color arcobaleno.”

“Tutte scelte eccellenti.” Scrisse delle note sul taccuino. “Ci serviranno delle vetrate nuove,” aggiunse. “Per essere sicuri che il posto sia a prova d’acqua e che mantenga il calore. Ti va di fare un salto dal ferramenta?”

Chantelle annuì entusiasta. “Poi possiamo andare da Raj a prendere i semi per i fiori.”

“Dimmi un po’, hai degli attrezzi da giardino tuoi? Guanti? Un grembiule?”

Chantelle fece di no con la testa.

“Allora dovremo prendere anche quelli,” spiegò Roy. “Ogni giardiniere ha bisogno della sua tuta. Starai benissimo a quadretti verdi.”

Chantelle sorrise ed Emily si accorse che stava sorridendo anche lei. Vedere suo padre legare con la bambina grazie alla serra era un momento di cui avrebbe fatto tesoro per sempre. Ringraziò tra sé e sé Trevor per averle fatto un dono tanto generoso da permetterle di vivere un momento così bello.

Daniel scompigliò i capelli a Chantelle. “Andiamo. Vi porto io in città.”

Uscirono nel giardino di Trevor, poi attraversarono il prato in direzione del vialetto, dove era parcheggiato il pick-up di Daniel.

“Vieni anche tu, Emily?” chiese Chantelle raggiungendo la macchina.

Emily aprì la portiera posteriore e la aiutò a salire. “Io non posso,” spiegò. “Ho degli ospiti in arrivo. Amy e Jayne. Te le ricordi.”

Chantelle fece una smorfia. Non si era affezionata molto alle amiche di New York di Emily l’ultima volta che erano venute. Emily non poteva fargliene una colpa. Non erano state assolutamente tenere e calme come nonno Roy.

Emily chiuse la portiera e Daniel avviГІ il motore.

“Divertitevi!” disse salutando la famiglia mentre il furgoncino usciva dal vialetto.

Poteva non sembrare un quadro familiare convenzionale, ma era il suo quadro, ed era questo che aveva importanza per Emily.

Mentre giravano l’angolo e uscivano dalla sua visuale, Emily vide la macchina di Amy apparire dall’altro lato della strada. Fu colta dall’improvvisa sensazione che, qualunque follia fosse capitava nell’ultima giornata, la follia stesse per aumentare ancora.




CAPITOLO TRE


“Scusa il ritardo!” esclamò Amy smontando dalla macchina. “Volevo fare il viaggio in una giornata sola, ma c’è stato un problema con uno dei fornitori giapponesi e ci è voluta un’eternità per risolvere la cosa.”

“Un incubo da PR,” aggiunse Jayne smontando dal lato del passeggero. “Unito al fatto che abbiamo dovuto pernottare in un disgustoso motel trovato per strada.”

“Comunque sono contenta che adesso siate qui,” rispose Emily abbracciandole a turno entrambe.

Amy aprì il bagagliaio e si mise a scaricare le valigie. Aveva un sacco di bagagli, vide Emily.

“Cos’è tutta questa roba?” chiese Emily sollevando una borsa. Pesava un quintale.

“Articoli per il matrimonio,” rispose Amy. “Campioni per gli schemi cromatici. Tessuti. Profumi. Cose di ogni genere.”

“Ma è già tutto organizzato,” protestò Emily.

Amy alzò gli occhi al cielo. “Cambierai idea. All’ultimo minuto. Che razza di amica sarei se non avessi portato delle cose per coprire ogni eventualità?”

Emily rise. Non ci si vedeva a cambiare idea su qualcosa, ma si fidava di Amy. In più l’amica era sempre più felice quando aveva un progetto, fin da quello di diventare una donna d’affari di successo che aveva quando era ancora una ragazzina.

“Allora, super-sexy dov’è?” chiese Jayne.

“Vuoi dire Daniel?” rispose Emily sollevando un sopracciglio. “È in città con Chantelle e mio padre. Comprano della roba per sistemare la serra.”

“Tuo padre, eh,” disse Jayne scuotendo la testa con quella che Emily riconobbe essere incredulità. “Quando Ames me l’ha detto non ci credevo. Non me l’aspettavo proprio.”

Amy le rivolse uno sguardo feroce.

“Cosa?” disse Jayne sulla difensiva. “Ero solo sicura che fosse morto.”

Proprio allora arrivГІ Lois ad aiutarle con i bagagli. Ne portГІ due lungo il vialetto e sul portico.

“È ancora qui?” chiese Jayne a voce troppo alta. “Pensavo che la volessi licenziare.”

Emily scosse la testa. “Parla piano,” sibilò.

Entrarono nella locanda e Lois si occupò del check-in. “Posso accompagnarvi nelle stanze e portare un po’ dei bagagli,” disse.

Amy pareva colpita. “Alla fine ha imparato a fare il suo lavoro!” sussurrò a Emily mentre Lois si avviava di sopra con alcune valigie.

Emily fece una smorfia. Adorava le sue amiche, ma sapevano essere insensibili e maleducate.

“Devo fare una doccia,” disse Jayne. “Levarmi di dosso un po’ del lerciume del motel!”

Quando sparirono di sopra per sistemarsi e darsi una rinfrescata, Emily udì il campanello suonare. Già sapeva che quella giornata sarebbe stata turbolenta. Si precipitò di sotto e aprì la porta.

Sulla soglia c’era una giovane donna con i capelli ricci neri e gli occhiali. Aveva degli orecchini a pendaglio e molte collane di perline che le penzolavano su una sciarpa a motivo cachemire.

“Ehi, sono Bryony,” disse con sicurezza porgendo una mano coperta di anelli. “L’amica di Serena dell’università del Maine. Sono venuta per occuparmi del marketing per il sito internet.” Sorrise, mostrando una fessura tra i denti.

“Ma certo,” disse Emily. “Prego.”

Bryony entrГІ, portandosi dietro odore di incenso. Teneva sulla spalla una borsa da computer.

“Va bene se mi sistemo nella reception?” chiese facendo un cenno in direzione della sala per gli ospiti.

“Sì, certo. Tutto quello che ti serve,” rispose Emily.

“Password Wi-Fi,” rispose Bryony. “Oh, e mi farebbe davvero piacere un caffè. Vivo di quella roba lì.”

“Anch’io,” rispose Emily.

PortГІ il caffГЁ a Bryony ma non ebbe la possibilitГ  di parlarle perchГ© suonГІ di nuovo il campanello. AndГІ alla porta.

Questa volta sul portico c’era un uomo magro con pantaloni in pelle. Sotto al cappello di feltro aveva capelli lunghi, e gli occhi erano coperti da occhiali da sole. Sapeva che quel giorno sarebbero arrivati alcuni amici di Daniel, ma quello non sembrava il tipo che secondo lei poteva essere amico di Daniel.

“Posso aiutarla?” chiese Emily.

“Ho prenotato,” disse lui. Si dava parecchie arie, trasudava una specie di sicurezza.

Mentre lo faceva entrare e andava alla scrivania della reception, Emily udì dei sospiri venire da una delle stanze. Si guardò oltre la spalla e vide Marnie, Vanessa e Tracey sbirciare da dietro la porta della cucina, ridacchiando.

Quando tornò a voltarsi vide che l’uomo si era tolto gli occhiali e, con sua sorpresa, si ritrovò davanti un viso davvero familiare. Era il celebre cantante Roman Westbrook.

“Signor Westbrook?” disse Emily cercando di mantenere il contegno ma dando comunque i numeri. Il suo piccolo Bed and Breakfast avrebbe ospitato qualcuno di così famoso! Ne aveva fatta di strada!

“Puoi chiamarmi Roman.”

Emily sentì una scarica elettrica attraversarle il corpo.

“Hai prenotato il cottage per due settimane,” notò Emily leggendo a voce alta i dati contenuti del computer. Vide che la prenotazione l’aveva fatta Serena e si chiese perché diavolo l’amica non le avesse detto del famoso cantante. Era davvero improbabile che Serena non sapesse chi fosse Roman Westbrook. Doveva aver mantenuto il segreto proprio per far loro una sorpresa.

Emily si girò e scoprì di avere le mani tremanti mentre prendeva dal gancio le chiavi del cottage. Dietro alla porta della cucina vide di sfuggita Marnie, Vanessa e Tracey che ancora osservavano, con gli occhi fuori dalle orbite, e ridacchiavano. Emily rivolse loro un rapido sorriso di sorpresa e soddisfazione.

Proprio allora sulla cima delle scale apparve Lois, che aveva finito si sistemare Amy e Jayne nelle loro stanze. Si bloccò un attimo sulle scale quando vide Roman Westbrook nell’ingresso e sgranò gli occhi.

Emily si sforzò moltissimo per mantenere il contegno mentre si voltava verso Roman e gli sorrideva con modi che sperava sembrassero professionali. “Se vuoi seguirmi, ti accompagno.”

Lo condusse lungo il corridoio e fuori dalla locanda, voltandosi indietro per vedere se Lois era ancora gelata sulle scale. Vanessa, Marnie e Tracey erano tutte uscite dalla cucina, e li seguivano in punta di piedi più vicine che potevano, ridacchiando accalcate come una manica di ragazzette. Lois corse giù dalle scale e si unì a loro, sussurrando tutta agitata dietro a una mano portata a coprire la bocca.

Emily condusse Roman lungo il sentiero fino alla rimessa, con il cuore che sobbalzava ogni volta che si permetteva di pensare a chi le stesse camminando accanto. Quando ebbe raggiunto la porta la aprì, armeggiando un po’ troppo con la chiave a causa dell’emozione, poi fece cenno a Roman di entrare.

“Andrà benissimo,” disse Roman guardandosi attorno con un cenno di assenso.

Emily provГІ un brivido di emozione nel sapere che la sua modesta locanda andava bene per una pop star del calibro di Roman Westbrook! Era quasi come se stesse vivendo un sogno.

Gli mostrò la camera e il bagno, così come alcuni degli elettrodomestici a sua disposizione, dandosi continuamente dei pizzicotti, pensando, Ho davvero appena mostrato a Roman Westbrook un’asciugatrice / un forno / una macchinetta per il caffè? Com’è possibile che questa sia la mia vita?

Quando fu il momento di dargli la chiave e le loro dita si toccarono, Emily si sentì debole come una ragazzina. Non era cosa da tutti i giorni un contatto pelle contro pelle con una famosa pop star!

“Ti lascio sistemarti,” disse. “La casa principale è sempre aperta per gli ospiti, quindi sentiti libero di venirci ogni volta che vuoi. Abbiamo un bar e un salotto per gli ospiti.”

Roman le rivolse uno dei suoi famosi sorrisi.

Emily uscì dalla rimessa con una piroetta, leggera come se camminasse sulle nuvole, e si precipitò alla locanda per rallegrarsi dell’esperienza con lo staff.

Quando fu tornata alla locanda trovГІ le quattro che ancora ridacchiavano.

Lois era davanti al computer. “La prenotazione gliel’ha fatta Serena,” annunciò. “Scommetto che non ha detto niente perché voleva farci una sorpresa.”

“Be’, ha funzionato,” disse Marnie ridendo, mettendosi accanto a Lois. Indicò lo schermo con entusiasmo. “Oddio. Resta qui per DUE SETTIMANE!”

“Vuol dire che per il matrimonio sarà qui!” esclamò Lois.

Tutte lanciarono gridolini di gioia.

“Mi chiedo perché sia a Sunset Harbor,” disse Tracey.

“Non può essere qui in vacanza,” aggiunse Marnie. “Potrebbe andare in qualunque posto del mondo. Dubito che vorrebbe venire qui.”

“Forse è qui per registrare il nuovo album?” tirò a indovinare Tracey.

“In quale studio di registrazione?” disse Vanessa.

“Forse deve girare un video!” esclamò Lois, ancor più agitata. “E finiremo tutte negli extra!”

A quel punto suonò di nuovo il campanello, ma le ragazze erano così prese dalla conversazione che non sembrarono neanche sentirlo; o almeno così pensò Emily, perché nessuna si mosse. Andò lei alla porta.

Con il sottofondo del gossip della parte femminile del suo staff, aprì la porta e vide tre uomini sul portico. Robusti. Tatuati. Dall’aria rozza, con jeans sbiaditi e giacche di pelle rattoppate. Si chiese se fossero dell’entourage di Roman Westwood. Gli addetti alla sicurezza o qualcosa del genere. Sicuramente non sembravano essere lì per la pittoresca atmosfera di mare.

“Posso aiutarvi?” chiese.

“Siamo qui per Daniel,” disse uno di loro. “Si dice in giro che si sposa con un’allegra donnina di New York!”

Si misero a ridere.

“Siamo suoi amici,” aggiunse un altro. “I testimoni.”

Emily sentì il sangue affluirle al viso. Quelli erano i compagni di scuola di Daniel? Quelli che aveva invitato perché lei aveva insistito tanto? Quelli che avrebbero partecipato alla festa di nozze?

Aprì la bocca per dir loro di entrare, ma aveva perso completamente la voce. Tutto ciò che riuscì a emettere fu uno stridio accompagnato dal più debole dei sorrisi.




CAPITOLO QUATTRO


Emily era ancora lì ad annaspare come un pesce di fronte agli uomini tatuati che presto avrebbero partecipato al suo matrimonio quando il pick-up di Daniel si immise nel vialetto.

“Dev’essere lo sposo!” disse uno girandosi sul posto.

Il furgoncino rallentГІ fino a fermarsi e Daniel smontГІ con un passo allegro che Emily non era solita vedere. OsservГІ, stupita, i tre scendere i gradini del portico e placcare Daniel.

SarГ  meglio che non gli lascino lividi in faccia, pensГІ trasalendo di fronte alla riunione da parapiglia dei vecchi amici.

Alla fine il viso di Daniel riemerse dalla calca di denim e pelle. Aveva la guance arrossate e un largo sorriso in viso. PerГІ adesso Roy aveva aperto la portiera del passeggero ed era quasi uscito. Con sorpresa di Emily, sorrideva anche lui.

“Be’, diavolo se siete cresciuti,” disse ridendo.

“Quello è Roy?” disse il primo uomo.

“Lo dicevo che era il posto giusto!” esclamò il secondo colpendo il terzo al petto.

“È stato decide di anni fa,” rispose il terzo. “Come faccio a ricordarmi?”

“Perché è stata la migliore vacanza della mia vita!” esclamò il primo.

Roy adesso emerse del tutto e porse la mano. “Stuart?”

Quello annuì. “Sì. E ti ricordi di Clyde ed Evan?” Indicò prima l’uomo con la barba rossastra e trasandata, e poi quello più basso e sovrappeso.

“Come posso dimenticare il weekend in cui Daniel vi ha invitati tutti a pesca?” rispose Roy.

“È stato fantastico,” aggiunse Evan. “Credo che non ci siamo più trovati tutti insieme nello stesso posto dopo quel weekend, sai.”

“Quindi voi siete i testimoni, immagino,” indagò Roy.

Stuart era raggiante. “Certo che sì. È giusto che gli amici più vecchi di Daniel siano al suo matrimonio.”

“Anche se sono passati più di dieci anni dall’ultima volta che ci siamo ritrovati tutti insieme,” aggiunse Evan.

“Avete conosciuto mia figlia Emily?” disse Roy indicando Emily, che continuava a osservarli incredula. “Non avrei mai immaginato che Daniel un giorno sarebbe finito con lo sposare la mia principessina!”

Adesso fu il turno dei tre di rimanere scioccati. Guardarono Emily, lì sul portico a bocca spalancata. Ma invece di sembrare imbarazzati per l’errore commesso, Emily si accorse che se la stavano godendo. Chiaramente erano tipi che adoravano mettere in imbarazzo gli altri. Dentro di sé, Emily si fece piccolina.

“Lei è la moglie?” esclamò Clyde. “E perché non l’ha detto?”

Rise e risalì il portico in direzione di Emily. Quando la raggiunse la abbracciò stretta. Come prevedibile, puzzava di sudore stantio.

Emily cercò di mantenere il contegno. Ma dentro stava davvero andando nel panico. Non voleva giudicare troppo Daniel sugli amici che si era scelto, soprattutto dato che si trattava di vecchi compagni di scuola – i bambini dell’asilo tendono a scegliersi gli amici a caso, dopotutto – ma non riusciva a far conciliare l’immagine che aveva di quei quattro. Non era mai arrivata così vicina al passato da ragazzaccio di Daniel, prima. Vedeva di sfuggita il ragazzo che era stato e che avrebbe tranquillamente potuto rimanere se non avesse lasciato il Maine per il Tennessee quando l’aveva fatto. Avrebbe dovuto essere grata che avesse scelto quei tre in realtà, quando l’altra opzione erano gli amici del Tennessee che conoscevano Sheila.

Proprio allora Chantelle smontГІ dal furgoncino e guardГІ curiosa in direzione dei tre uomini. Non era turbata, comunque. Era abituata alla gente sconosciuta che capitava alla locanda e sicuramente aveva incontrato tanti provinciali durante gli anni in cui aveva vissuto nel Tennessee.

“Nonno, possiamo cominciare a lavorare alla serra per piacere?” chiese.

“Ma certo,” disse Roy. E poi, rivolgendo l’attenzione a Stuart, Clyde ed Evan, aggiunse, più cortese che mai, “Se i signori vogliono scusarmi.”

Roy e Chantelle si misero a scaricare dal pick-up tutti gli articoli che avevano comprato.

“Vi faccio fare un giro,” disse Daniel agli amici.

Li condusse oltre Emily, nel Bed and Breakfast.

Lei li osservò allontanarsi, ancora sconvolta, ancora incapace di conciliare l’immagine di Daniel con quella di quegli omaccioni. Si voltò per seguirli, giusto in tempo per vedere Amy e Jayne scendere le scale.

Stuart fischiò alle donne, ed Emily si sentì in imbarazzo. Nessuna delle sue amiche era tipo da lasciar correre quel genere di cosa. Nemmeno Jayne, che di norma adorava l’attenzione dei maschi. Terrorizzata che stesse per scoppiare un casino, Emily si affrettò a intervenire in anticipo.

“Amy, Jayne,” le chiamò. “Vi siete sistemate bene nelle vostre stanze?”

Amy spostò gli occhi socchiusi da Stuart all’amica. “Sì. Grazie, Em. Ma dobbiamo metterci al lavoro. Ci sono un sacco di commissioni da fare.”

“Davvero?” disse Emily con un gemito. Nelle ultime settimane le sembrava di non aver fatto altro che organizzare il matrimonio. Poteva davvero esserci tanto altro da fare? D’altra parte, però, lasciare la locanda era probabilmente una buona idea. Meno tempo avrebbe passato con gli amici di Daniel meglio sarebbe andata. “Okay,” accettò. “Andiamocene.”

Spinse le amiche fuori dalla porta prima che Daniel avesse modo di presentare gli amici. Con la coda dell’occhio Emily vide la sua espressione. Sembrava infastidito dal suo comportamento, dalla mancanza di cortesia che dimostrava impedendo loro di presentarsi. Ma non poteva agire diversamente. Se l’avesse preparata, forse sarebbe stato diverso. Almeno Emily avrebbe potuto dirgli di assicurarsi che non fischiassero dietro alle sue amiche, e avrebbe potuto avvertire le sue amiche di aspettarsi un po’ di maleducazione. Però, come sempre, Daniel l’aveva tenuta all’oscuro di un altro sgradevole aspetto del suo passato. E, ancora una volta, gli spazi vuoti del suo passato la tormentavano, facendola dubitare delle basi stesse su cui poggiava la loro relazione.



*



Emily e le amiche andarono nella cittГ  vicina per recarsi in una profumeria che Amy voleva vedere da anni.

“Creano delle fragranze specifiche per il cliente,” spiegava Amy mentre guidava. “Un profumo su misura per una donna unica.”

“Sembra…” Emily si bloccò. Voleva dire superfluo, ma si fermò appena in tempo. Terminò invece con un debole e poco convincente, “… forte.”

“Oggigiorno lo fanno tutti,” aggiunse Jayne dal sedile posteriore. “Sarebbe molto poco sofisticato non farlo.”

Chiaramente entusiasta del viaggio, Amy parcheggiГІ e poi indirizzГІ Emily tenendola per le spalle dentro alla boutique, saltellando.

La signora alla cassa le accolse con un caldo sorriso. Emily fu grata che Amy prendesse le redini della cosa. Non se la sentiva tanto di interagire. Aveva la testa ancora fissa sugli amici di Daniel.

“Ecco,” disse Amy ficcandole sotto al naso una striscia profumata. “Che ne dici? Sanguinello.”

Emily arricciò il naso. “Non credo che sia giustissimo per me.”

“No, immagino di no,” disse Amy. Abbassò la testa e si mise a guardare le altre opzioni.

“Sembri distratta,” le disse Jayne.

“Scusa,” rispose Emily. “Sto solo… pensando.”

“Non ai profumi, mi pare,” insistette. “Dai, Em. Lo sai che puoi dirmi tutto.”

Emily scosse la testa. “Non voglio dirlo. Non voglio fare la stronza.”

Jayne le lanciò un’occhiata. “Ehi, è con me che stai parlando. Io sono la Stronza Regina. Dubito che qualunque cosa tu dica possa suonare cattivo alle mie orecchie.”

Proprio allora arrivГІ Amy ad afferrarle il braccio. Le tamponГІ il polso con del profumo.

“Senti!” esclamò tutta esaltata.

Emily annusò. La fragranza era fresca e floreale. “Molto meglio,” disse.

Amy sorrise. “Okay. Capito. Ho il profumo perfetto per completarlo.” Sparì di nuovo e ci fu un gran annuire con la ragazza alla cassa mentre scorrevano tutte agitate i campioncini.

“Allora?” insistette Jayne. Era evidente che non avrebbe lasciato perdere.

Emily sospirò forte. “Sono quei tipi alla locanda.”

“Quei maiali che sembravano non farsi una doccia da una settimana?”

“Sì, quelli lì,” rispose Emily. Si morse il labbro. “Be’, sono gli amici di Daniel. I testimoni.”

“Oh, buon Dio!” esclamò Jayne con un sussulto teatrale. “Saranno nelle foto?”

Emily si sentì ardere le guance. La risposta orripilata di Jayne la stava facendo stare peggio.

“È il fatto che mi tiene nascoste queste cose del suo passato,” spiegò Emily. “Non avrei mai e poi mai immaginato che i suoi amici fossero così.”

“Neanch’io,” rispose Jayne. “Pensavo che avesse degli amici del tipo boscaioli tutto muscoli.”

Emily nascose il viso tra le mani. “Adesso vorrei avergli permesso di chiedere al suo capo di fargli da testimone,” rispose cupa. “Preferirei mille volte delle mani macchiate di pittura a quei tre.”

Arrivò Amy con un’altra striscia profumata, con sguardo concentrato. Senza neanche parlare afferrò il braccio di Emily e gliela strofinò sul polso, sopra alla prima. Amy annusò. Si accigliò. Annusò di nuovo. Poi sorrise.

“Credo che ci siamo,” disse.

Emily annusò. “Sì, è buono,” rispose con voce spenta.

“Non ti piace?” chiese Amy.

“Ma no,” interruppe Jayne. “Oggi Emily ha conosciuti i testimoni di nozze.”

Amy sollevò un sopracciglio. “Oh? Gli sfuggenti amici di Daniel?”

Jayne prese Amy per un braccio. “Non indovinerai mai. Sono i tre dell’atrio!”

Amy sgranò gli occhi. “Quelli sui quali ho quasi scatenato l’inferno?”

“Precisamente.”

Amy allora guardò Emily. “Oh, tesoro. Mi dispiace tanto.”

Emily si fece di nuovo piccolina. Gli amici di Daniel erano degli stupidi, ma stava scoprendo un lato davvero maligno sia in sГ© che nelle sue amiche. Sapeva che stavano giudicando e che si stavano comportando in modo meschino. Ma non poteva evitarlo.

“Senti,” disse Amy prendendo il controllo della situazione come era abituata a fare così spesso. “Perché adesso che abbiamo trovato il profumo non ce ne andiamo e torniamo alla locanda? Possiamo bere qualcosa, scioglierci un po’ tutti la lingua. Poi possiamo scoprire come stanno le cose. Scoprire come funziona. Chi sono, cosa fanno. Tutto il gossip interessante.”

“È proprio il gossip a preoccuparmi,” rispose cupamente Emily. “Non riesco a capire come Daniel possa essere quello che è con il suo passato misterioso e quegli amici strambi. Non c’entrano niente. C’è il giovane Daniel che odiava casa sua e andava male a scuola e quasi è scappato di casa, quello che era amico di quei tre. Poi c’è il Daniel del Tennessee, quello che ha dato vita a una figlia e ha pestato violentemente un tizio. Nessuno dei due è il mio Daniel. Mi sconvolge.”

Amy le massaggiò la spalla. “È solo ansia da matrimonio. Va tutto bene. Tutti hanno un passato.”

“Ma non tutti lo nascondono come fa Daniel.”

“Se ne vergogna,” disse Jayne. “Me ne vergognerei anch’io se quelli fossero miei amici!” Scoppiò in una fragorosa risata.

Emily voleva lasciare che le amiche le sollevassero il morale, ma non ci riusciva. L’idea di tutti loro a un tavolo a fare conversazione, per non parlare dell’alcol aggiunto al mix, non la attraeva. Ma prima o poi sarebbe accaduto. Meglio farlo subito.

“Okay, va bene,” disse. “Leviamoci il pensiero.”

Amy pagГІ il profumo, scambiГІ i biglietti da visita con la cassiera, e lasciarono il negozio. Le amiche si agganciarono alle braccia di Emily, sostenendola, come sempre, in ogni passo del suo viaggio.

“Non so cosa farei senza di voi,” disse Emily mentre tornavano di buon passo alla macchina di Amy.

“Io sì,” disse Amy con un bagliore malizioso nello sguardo. “Avresti un profumo decisamente peggiore!”




CAPITOLO CINQUE


Era un insieme di persone strano – come minimo. L’unico sollievo che provava Emily osservando l’inusuale gamma di facce disposte alla tavola del portico era che suo padre e Chantelle non c’erano, dato che erano troppo presi dal lavoro alla serra per parteciparvi.

La conversazione era artefatta. Nemmeno una brocca di birra pareva aiutare.

“Allora, come vi siete conosciuti?” chiese Amy, cercando evidentemente di mostrarsi il più amichevole possibile.

“Io sono il più vecchio amico di Daniel,” disse Stuart. “L’ho conosciuto a scuola, tanto tempo fa. Quando lo chiamavano ancora Dashiel!”

“Meno dici meglio è, grazie,” replicò Daniel. Da giovane aveva cambiato nome per non portare quello di suo padre.

“Io mi sono unito al gruppo alle medie,” aggiunse Evan. “Clyde l’abbiamo raccolto alle superiori.”

“Abbiamo cominciato a combinarne da quel punto in avanti,” terminò Clyde. “Poi abbiamo preso strade diverse, diciamo.”

“Daniel è stato l’unico a lasciare lo Stato, però,” aggiunse Stuart. “Forse per scappare da noi.” Rise.

Emily si poneva delle domande. Forse Daniel aveva voluto ricominciare da capo lasciandosi alle spalle tutto quanto quando era andato nel Tennessee.

“Non c’è niente come un matrimonio per riunire i vecchi amici,” disse Clyde.

“Anche il tempismo è perfetto, Danny Boy,” disse Stuart afferrando brutalmente Daniel al collo. “Sono appena uscito con la condizionale.”

Emily bevette una bella sorsata di birra. Sentì Amy e Jayne agitarsi a disagio accanto a lei.

“Perché eri dentro?” chiese Jayne.

Amy ed Emily le lanciarono un’occhiataccia. Jayne chiaramente stava cercando di fare conversazione e, senza mai fermarsi a pensare un millesimo di secondo prima di aprire bocca, aveva fatto la domanda che girava in testa a tutte.

“Solo per guida in stato di ebbrezza,” disse Stuart stringendosi nelle spalle come se non fosse niente di grave.

Emily cominciГІ a sentire molto caldo. PortГІ le dita al colletto della camicia.

“Oh,” disse Jayne con un sospiro di sollievo. “Temevo che avresti detto omicidio o una cosa del genere.”

Clyde ed Evan risero rumorosamente. Emily diede un forte calcio a Jayne sotto alla tavola.

“Per quella cosa sono cadute tutte le accuse,” la informò Clyde.

Gli occhi le sporsero dall’incredulità. “Sul serio?”

Clyde ed Evan risero ancora piГ№ forte questa volta.

“No!” esclamò Clyde. “Ma avresti dovuto vedere la tua faccia.”

Jayne non era l’unica a non capire lo scherzo. Anche Stuart sembrava furioso.

“Parli tu, Clyde,” disse. “A questa tavola non sono io l’unico a essere finito dentro!”

Emily sentì tutto il corpo sgonfiarsi. Quelli stavano cominciando ad agitarsi. Ecco che succedeva ad andare a fondo nel mistero; più rivelavano più desiderava non sapere.

“Dovete conoscere delle storielle divertenti su Daniel,” disse Amy tentando di calmare la situazione.

Daniel si fece rosso acceso. “Oddio, no, no.”

Ma era troppo tardi. Le facce dei suoi amici si erano illuminate improvvisamente.

“Sono contento che tu ce l’abbia chiesto,” disse Stuart. “Che cosa vi piacerebbe sentire, signore? Di quella volta che Daniel si è ubriacato per la prima volta e ha finito con lo strapparsi i pantaloni scavalcando un’inferriata o di quando ha perso la verginità?”

“Nessuna delle due,” disse Emily scuotendo la testa, sentendo il panico montare.

Anche Daniel era pietrificato alla prospettiva che quelle due specifiche storie venissero raccontate.

Stuart diede una gomitata a Emily. “Non dirmi che non vi siete ancora raccontati tutti i vostri segreti più sordidi?”

L’imbarazzo di Emily cresceva sempre di più. Forse era perché il suo passato era così difficile e confuso che non aveva costretto Daniel ad aprirsi di più sul suo, ma adesso stava cominciando a pentirsene. E se entrambe le storie fossero state così terribili dal dissuaderla dallo sposarsi?

“C’era questa ragazza, Astrid,” cominciò Stuart.

Daniel seppellì il viso tra le mani.

“I loro occhi si incontrarono attraverso la stanza,” proseguì Stuart. “Fu amore a prima vista. Lei si avvicinò. Daniel non poteva credere alla sua fortuna. Poi lei disse le parole che gli accesero il fuoco nel cuore. �Mi presti il goniometro?’”

“Aspetta,” disse Emily accigliandosi. “Cosa?”

“È stato a lezione di matematica!” giunse la battuta finale di Stuart. “Quinta elementare.”

Daniel si era fatto rosso.

Jayne sembrava confusa. “Pensavo che fosse la storia di quando Daniel ha perso la verginità.”

“Tra un attimo ci arrivo,” disse Stuart. “Allora… saltiamo avanti di, quanti, cinque anni? Sei? Daniel ha avuto questa cotta patetica per Astrid per tutta la vita e alla fine ha tirato fuori le palle per chiederle di andare al ballo.”

“Il resto è storia,” disse Clyde facendo l’occhiolino. “Per quanto siete stati insieme, alla fine? Quattro anni?”

Daniel annuì, teso. “Quattro e mezzo, più o meno.”

Emily ebbe la sensazione che le scorresse del ghiaccio addosso. Daniel non aveva mai fatto il nome di Astrid. Adesso veniva fuori che era stato il suo primo amore? Una ragazza per cui si era consumato di desiderio per anni? Non voleva mettersi a fare paragoni tra lei e una ragazzina del passato, ma sembrava che per Daniel fosse stato qualcosa in piГ№ del solito primo amore. Sembrava che la relazione con Astrid fosse stata seria e importante. Ma in proposito non aveva mai detto una parola.

“Immagino che voi due non siate rimasti in contatto, eh?” chiese Stuart.

Daniel scosse la testa.

“Peccato,” disse Stuart. “Era fantastica. Pensavo che a un certo punto vi sareste rimessi insieme.”

Emily doveva essere impallidita perché sentì Amy stringerla con fare rassicurante da sotto il tavolo.

“Adesso quello che voglio sapere da voi,” disse Clyde, “è che cosa avete organizzato per l’addio al nubilato.”

“Non c’è addio al nubilato,” disse Emily. “Io e Daniel abbiamo deciso di non fare feste separate.”

“Oh-oh,” disse Clyde guardando Daniel. “Fregato.”

Emily si accigliò. “Cosa?”

Daniel aveva un’aria colpevole. “Non sono riuscito a dirtelo,” disse. “I ragazzi hanno deciso di farmi un addio al celibato a sorpresa. Staremo fuori per il weekend.”

Emily non riusciva neanche a parlare. Tutto quello che riuscì a fare fu sbattere le palpebre.

“Giretto in macchina,” disse Clyde. “Per tutti gli strip club che il Maine ha da offrire.”

Accanto a lei, Emily vide Amy stringere le mani a pugno dalla rabbia. Anche Emily sentiva tutto il sangue lasciarle il viso. Con la visione periferica vide l’espressione preoccupata di Daniel.

Improvvisamente i tre scoppiarono a ridere.

“Oh, avreste dovuto vedere le vostre facce!” esclamò Evan.

“Non andiamo a strip club,” rise Stuart. “Andiamo a caccia!” Riprese di nuovo per il collo Daniel e lo strinse in una specie di presa di sottomissione. “Partiamo venerdì mattina.”

Emily aveva sentito abbastanza. Non ce la faceva più a star lì seduta ad ascoltare quella roba, le si confondevano i pensieri, le si logoravano i nervi. Per tutto il giorno aveva cercato di non dare i numeri, ma non riusciva più a trattenersi. Si alzò brusca, facendo traballare la tavola, ed entrò.




CAPITOLO SEI


“Emily. Emily, aspetta!”

Si bloccГІ nel corridoio sentendo il tono implorante di Daniel alle sue spalle. Lui la raggiunse e le toccГІ un braccio con mano incerta.

“Mi dispiace,” disse. “Lo scherzo degli strip club è stato troppo. Ci parlerò.”

Emily lo condusse nel soggiorno, lontano da orecchie indiscrete, e chiuse la porta. Lo guardò in volto, finalmente, e vide l’espressione sincera che aveva. Gli amici di Daniel non erano un suo riflesso, questo lo sapeva, ma non poteva neanche fare a meno di smentire i suoi sentimenti – che le dicevano che in un certo qual modo in realtà lo erano davvero.

“Sono degli idioti,” scoppiò.

Daniel sospirò. “È stato uno scherzo stupido. Posso solo chiederti scusa. Ma lo sai che non lo farei mai, vero?”

“Non si tratta solo dello scherzo, Daniel. Si tratta di tutto quanto. È il loro comportamento in toto che fa schifo. Come fa a starti bene di ospitare dei criminali in casa con Chantelle?”




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